«La Francia ha sforato di 21 miliardi di euro il rapporto deficit/Pil del 3%, mentre il governo italiano intende tagliare le tasse sulla casa per un totale di soli 4 miliardi. Un intervento tra l’altro che farebbe diminuire il nostro rapporto deficit/Pil anziché farlo aumentare». Lo evidenzia il professor Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison, a proposito del taglio di Imu e Tasi annunciato dal governo. La nota di aggiornamento al Def, punto di partenza per elaborare la legge di stabilità per il 2016, ha rivisto al rialzo le stime sulla crescita italiana. Per il 2015 passano infatti dal +0,7% al +0,9%, per il 2016 dal +1,4% al +1,6%. E per il 2016 ci si attende anche un calo della disoccupazione al 12%. Mentre la pressione fiscale dovrebbe essere al 43,1% nel 2015 e poi scendere al 42,6% nel 2016. Lo stesso ministro Padoan ieri ha detto di avere  “buone ragioni per pensare che la crescita accelererà in futuro e sarà più solida”, aggiungendo che “i numeri del Mef sono più ottimisti di quanto non lo fossero prima”.



Professore, da che cosa è determinato il miglioramento nelle previsioni economiche del governo?

È una presa d’atto del fatto che i dati Istat hanno modificato lo scenario del 2015. C’è stata una significativa rettifica sul Pil del primo e del secondo trimestre, non tanto per l’entità, ma perché tutti davano per scontato che non fosse stato un periodo positivo.



Siamo semplicemente trainati da altri Paesi Ue che stanno meglio di noi o siamo in linea con la media europea?

Le rispondo con un dato. Il Pil italiano ha registrato un +0,4% nel primo trimestre 2015 e un +0,3% nel secondo, mentre quello tedesco rispettivamente un +0,3% e un +0,4%. I dati dell’Italia sono risultati per la prima volta allineati a quelli dell’Eurozona, dopo più di cinque anni che ciò non avveniva. Mentre tra 2005 e 2010 ciò era capitato solo per due volte: è un cambiamento piuttosto importante.

Che cosa sta avvenendo intanto a livello dell’occupazione?

I dati sull’occupazione sono stati forse la revisione più sostanziosa. Con le serie trimestrali riviste dall’Istat è emerso un quadro molto simile a quello che lasciavano presagire i dati incrociati di Inps e ministero del Lavoro. Dal primo trimestre 2014 al secondo del 2015 gli occupati sono aumentati di 274mila unità.



Nel frattempo però la Bce ha invitato l’Italia ad approfittare del clima positivo per ridurre il debito, ma il governo prepara una manovra a deficit. Dovremmo tenere più conto dei moniti dell’Eurotower?

La Bce continua a insistere sull’abbassamento del rapporto deficit/Pil fatto attraverso tagli, mentre gli ultimi due-tre anni hanno dimostrato che i Paesi che sono cresciuti di più sono proprio quelli che non hanno fatto tagli come la Spagna. Sono questi ultimi infatti che hanno potuto mettere fieno in cascina per crescere. L’Italia ha un debito più alto della Spagna, ma da molto tempo non sfora il rapporto deficit/Pil del 3%.

Che cosa ci dobbiamo aspettare dalla Legge di stabilità?

Invece di seguire il Fiscal Compact, che rappresenta una ricetta per il suicidio, stiamo seguendo una linea mediana di buonsenso che non mi sembra ostacolata nemmeno dalla stessa Commissione Ue. Se l’Italia riuscirà a ottenere un minimo di flessibilità anche per il 2016, pur rimanendo uno dei Paesi più virtuosi dal punto di vista del deficit, avrà dei margini per continuare fare politiche rivolte alla crescita. In Francia del resto la variazione del Pil è stata dello 0% nel secondo trimestre 2015 e secondo Markit potrebbe essere dello 0% anche nel terzo. La risposta di Parigi è stata quella di aumentare la spesa pubblica per cercare di recuperare.

 

Il governo intanto annuncia il taglio di Imu e Tasi. Senza coperture c’è il rischio che ciò si traduca in un aumento delle tasse comunali?

Il governo ha detto in modo netto che i Comuni saranno rimborsati “paro paro” per i minori introiti. Questo significa che la fiscalità generale è coperta centralmente, e non è fatta pesare a livello locale. Ciò probabilmente avverrà sfruttando i margini di manovra in corso di definizione. La Francia del resto ha un rapporto deficit/Pil al 4% e un Pil complessivo pari a 200 miliardi di euro. Uno sforamento dell’1% equivale dunque a 21 miliardi di deficit in più, mentre il governo italiano sta ragionando su 4 miliardi che riguardano l’eliminazione permanente della tassa sulla prima casa.

 

Riusciremo a convincere l’Europa?

Ciò rientra in un discorso più generale, in quanto l’Italia sta dimostrando che se si adotta la sua linea il rapporto debito/Pil si abbassa. Tagliando invece con l’accetta si fanno una serie di vittime tra imprese e famiglie, che poi non investono e non comprano più. Dobbiamo cominciare a fare crescere l’economia senza ammazzare quelli che dovrebbero farla riprendere.

 

(Pietro Vernizzi)