«La fiducia da sola non basta, ora aspettiamo di vedere se dietro a questo sentimento ci sono anche dei comportamenti in grado di fare ripartire l’economia, come per esempio un aumento dei consumi». È il commento di Luigi Campiglio, professore di Politica economica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Secondo i dati Istat pubblicati ieri, a settembre 2015 la fiducia dei consumatori ha toccato il livello più alto dal 2002. A migliorare sono tutte le componenti come il clima economico, il livello dei prezzi, le attese sulla disoccupazione e la situazione economica futura. La fiducia delle imprese ha raggiunto invece i livelli massimi dal novembre 2007. Anche in questo caso i dati sono positivi per tutti i settori, dal manifatturiero alle costruzioni, dai servizi di mercato alle scorte.
I dati sulla fiducia di consumatori e imprese sono il segno del fatto che le misure del governo stanno funzionando?
In questa fase il margine di manovra della politica economica del governo rischia di essere limitato da fattori esterni. Tra questi ci sono il rischio di una decelerazione dell’attività economica asiatica, in particolare in Cina; le implicazioni della fortissima pressione migratoria sull’Europa, ma soprattutto sulla Germania; le ricadute dello scandalo Volkswagen, che non si fermerà qui perché avrà delle conseguenze difficili da prevedere ma comunque pesanti. Questo è il quadro in cui ci muoviamo.
Perché allora la fiducia degli italiani aumenta?
In linea di principio c’è un’assenza di notizie negative per l’Italia, ma dobbiamo anche stare attenti perché c’è il rischio che qualcuno di questi fattori esterni finisca per influenzarci. L’aumento della fiducia di consumatori e imprese certamente non può che fare piacere, e l’aspetto più positivo è il fatto che sia così generalizzato. Andrei però piuttosto cauto nel trasformare queste aspettative di tutti in comportamenti.
Perché ritiene che siano solo aspettative generiche?
In questo momento la lettura che ne do è che siamo tutti quanti stanchi di aprire il giornale e vedere ogni giorno qualcosa che non va. È un sentimento che è benvenuto, se ha come risposta un colpo di spugna per guardare al futuro in modo positivo. Si tratta d’altra parte di capire come questo possa tradursi in un miglioramento della vita quotidiana.
Lei che cosa si aspetta?
Non bisogna dimenticare che in questi anni abbiamo fatto molti passi indietro, e recuperare la situazione economica pre-crisi non sarà facile e ci vorrà del tempo. La fiducia da sola non basta, ora aspettiamo di vedere se dietro a questo sentimento ci sono anche dei comportamenti, come per esempio un aumento dei consumi.
Per Renzi il governo ha già mantenuto il 90% delle promesse di un anno fa. Condivide questa affermazione?
Se il premier ha delle informazioni più dettagliate sui progressi che stanno compiendo le riforme farebbe bene a diffonderle, altrimenti vuole dire che non lo sa neanche lui. Resta il fatto che una parte del Paese continua a essere congelata, e ciò vale soprattutto per il reddito disponibile delle famiglie. Quanto sta avvenendo è un rimescolamento molto intenso, a livello finanziario i movimenti sono notevoli. Se uno guarda però a quanto è avvenuto nell’ultimo anno, ulteriori pezzi pregiati della nostra industria sono andati all’estero. Sarei quindi cauto anche per quanto riguarda questo tipo di affermazioni.
Sempre secondo il presidente del consiglio, “l’Italia sta facendo la sua parte ed è aperta e pronta a giocare da protagonista e ad attrarre investimenti”. È davvero così?
Se noi aspettiamo gli investimenti stranieri per ripartire, non seguiamo la strada giusta. Un imprenditore è invogliato ad arrivare in Italia se sollecitato dall’osservazione di un clima di investimenti nazionali frizzante. Se c’è questo, a un’impresa estera può venire l’idea di dire: “Guarda come sta cambiando l’Italia: andiamoci anche noi!”. Gli investimenti stranieri fanno sempre comodo, ma i primi a partire dobbiamo essere noi. Noto inoltre che gli investimenti di portafoglio certamente sono benvenuti per acquistare attività finanziarie e titoli in Italia, ma quelli che fanno davvero la differenza sono gli investimenti diretti.
(Pietro Vernizzi)