Il recente esito del G20 che ha riunito ad Ankara i vertici delle Banche centrali e i ministri dell’Economia e delle Finanze ha un che di sconcertante.

Il panorama mondiale è tra i più inquietanti che mai si siano delineati nella storia. Tra Europa, Africa e Heartland si è aperta una voragine – mi si scusi l’ossimoro – di una profondità umanitaria immensa. Centinaia di migliaia di persone di ogni ordine e ceto e classe sociale e di ogni attribuzione dinastica: tribale, agnatica, clanica, tutto meno che secondo i canoni occidentali di determinazione di quella società naturale che è la famiglia. Centinaia di migliaia di persone stanno riversandosi oltre i confini superando fili spinati, eserciti, navi da guerra e financo interventi umanitari come quelli italiani che sino a ora rimangono gli unici a spiccare in un deserto di cinismo e di doppiezza appena temperata dalla decisone tedesca di accogliere i siriani e non a caso perché sono i più ricchi e sicuramente in fuga dalla guerra e non in cerca di lavoro tout court.



Ma i bagliori cupi sono anche, come è noto, a Oriente e lì c’è la Cina che fa tremare gli operatori finanziari, gli esportatori, i capi di stato dei paesi che esportano commodities in quelle terre per nutrire maiali o altiforni che parevano voragini senza fine e che ora paiono avere invece un fondo.

Non servono gli arresti in massa degli operatori di borsa e di giornalisti finanziari cinesi che avevano creduto che la Cina – come alti nostri diplomatici ed economisti credevano e credono – fosse e sia un paese capitalista invece che nazi-comunista in cui ogni sgarbo verso il partito e il suo capo deve essere punito con la vita o il carcere sotto la formula rassicurante della lotta alla corruzione.



Ma anche l’Europa non sta bene nonostante le dichiarazioni del serafico presidente della Bundesbank e il silenzio assordante del presidente della Bce: è circa un mese che non dice una parola significativa, di quelle sue mirabolanti e allusive alla Peter Seller dopo la riunione in Wyoming a Jackson Hole a cui non ha presenziato.

E questo nonostante il Fondo Monetario inascoltato continui a rilanciare l’allarme della deflazione e della recessione che a macchia di leopardo sta invadendo il mondo.

Niente da fare. Gli illustri convenuti hanno terminato l’incontro ad Ankara affermando che non ci sono le condizioni e la necessità di un’azione coordinata perché lo sviluppo è alle porte e la crisi cinese sarà superata come del resto ha annunciato il serafico presidente della Banca Centrale dell’Impero di Mezzo. 



Nel frattempo Putin invia soldati e carri armati in Siria per difendere Assad e lo fa annunciandolo a un Occidente a cui la Russia pare non più appartenere. Un Occidente, del resto, che neppure dinanzi alla distruzione delle meraviglie del passato non arabo e non islamico di Palmira e di altri tesori sembra svegliarsi da un lungo sonno. Del resto montagne di cadaveri non hanno svegliato nessuno e il sonno dei banchieri centrali altro non è che il riflesso dell’inerzia, della viltà della crisi di rappresentanza e di direzione universalistica di tutte le classi dirigenti dell’Occidente. Noi italiani questa litania la recitiamo da anni: “E’ un problema di classe dirigente”.

Ma che dire dell’Europa, del mondo? Dal Bosforo e dalla Siria il verdetto è terribile e impietoso, l’Occidente decade perché non ha Maestri, non ha una guida, non ha volontà di combattere e di riaffermare la sua cultura e la sua fede.