“L’accordo sul ruolo italiano in Nord Stream non deve stupire. Il ruolo geostrategico del nostro Paese è sempre stato fondamentale. Né Russia né Germania hanno interesse a mettersi contro di noi, siamo solo noi italiani a non rendercene conto e quindi a non farci valere”. Lo afferma Carlo Pelanda, direttore del Dottorato di ricerca in Geopolitica e Geopolitica economica all’Università Guglielmo Marconi di Roma e professore aggiunto di Affari internazionali all’University of Georgia di Athens negli Usa. Dopo il blocco di South Stream, il gasdotto che avrebbe dovuto rifornire l’Italia di gas russo, si è deciso di raddoppiare Nord Stream, la pipeline che arriva in Germania dal golfo di Finlandia. Dopo un colloquio telefonico tra Renzi e Putin, si è deciso però di compensare quello che per il nostro Paese rappresenta uno smacco, aprendo alla partecipazione di imprese italiane in Nord Stream.



Professore, in quale contesto si inserisce la partecipazione italiana a Nord Stream?

L’Eni e altre aziende italiane avevano subito dei danni per il blocco di South Stream. L’Italia ha chiesto di bilanciare questo danno con l’ingresso delle nostre imprese nel raddoppio di Nord Stream. I rapporti tra Eni e Gazprom sono del resto legati a politiche governative, e l’Italia ha dei rapporti positivi con la Russia. Quanto è avvenuto è un normale ribilanciamento delle relazioni, per cercare di mantenere buone relazioni industriali e quindi politiche tra i due Paesi.



Quali conseguenze avrà il raddoppio di Nord Stream sugli equilibri europei?

Il raddoppio di Nord Stream porta il controllo energetico di una parte dell’Europa sotto il cappello strategico della Russia. I forti rapporti bilaterali tra Russia e Germania del resto c’erano già, ma questo non comporta dei danni per gli altri Paesi. L’Italia vuole esserci anche lei con le sue aziende, e tanto Russia quanto Germania hanno risposto positivamente. Il vero problema è che South Stream avrebbe attraversato un’area geografica molto problematica dal punto di vista della sicurezza. Mosca ha invece una maggiore capacità di controllo militare del Baltico da cui passa Nord Stream.



Nord Stream può anche rafforzare i rapporti politici tra Europa Occidentale e Russia?

No, Nord Stream è piuttosto la conseguenza di rapporti politici molto forti tra Mosca e gli europei. E’ ovvio che tutti i Paesi Ue vogliono avere buone relazioni con la Russia. Questo fa sì che gli Stati Uniti contino di meno in Europa? No, tanto è vero che gli europei devono attuare delle sanzioni alla Russia che pure è il loro miglior cliente, in quanto gli americani hanno chiesto che ciò avvenga. E’ un normale gioco di equilibri che esisteva anche durante la guerra fredda. Nelle relazioni internazionali uno non deve cercare la linearità e la logica: un Paese può essere alleato tanto della Russia quanto degli Stati Uniti.

E’ il ritorno della politica estera di De Gaulle?

C’è una grande differenza. De Gaulle lo faceva su basi geopolitiche, cioè con il preciso intento di fare dell’Europa una forza autonoma, indipendente e attiva nel mondo. Oggi invece la Germania, che guida la politica estera europea, tende ad avere una posizione più neutralista e mercantilista. In pratica Berlino non interviene nelle guerre ma fa affari con tutti.

Il fatto che si sia preferito Nord Stream a South Stream è segno anche del fatto che l’Italia non conta nulla?

Questa idea che l’Italia non conti nulla è in parte vera solo perché il nostro Paese non riesce a usare la sua importanza per ottenere dei risultati. Quando però l’Italia parla è molto ascoltata, perché nessuno ha interesse a mettersi contro il nostro Paese. Le varie potenze vorrebbero controllare e guidare l’Italia, tanto è vero che dopo il Vaticano il nostro è il Paese con il maggior numero di spie d’influenza, con l’obiettivo di orientare il governo in un senso o nell’altro.

 

Che cosa intende per spie di influenza?

Ci sono spie addestrate per mettere sul libro paga persone che influenzano la politica. Da questo punto di vista chi investe più risorse in Italia è la Francia: dal 1993 la strategia di Parigi è quella di cercare di comprare Roma per bilanciare Berlino sul piano geoeconomico. La Francia paga alti funzionari e vere e proprie spie per influenzare il nostro Paese. Lo stesso, sia pure con minori investimenti, è fatto anche da Stati Uniti, Russia e Cina.

 

(Pietro Vernizzi)