Un Gruppo nazionale unitario, guidato da una nuova capogruppo, al cui progetto parteciperanno Iccrea Holding, Cassa Centrale Banca di Trento e Bcc di Roma. E, come ampiamente previsto, un polo singolo per le Casse Raiffeisen dell’Alto Adige, ancorché operativamente collegato con la nuova realtà nazionale. Il 14 gennaio ha buone probabilità di essere ricordato come la data di nascita del nuovo Credito cooperativo italiano: certamente della posa della prima pietra del riordino strutturale delle oltre 370 Bcc italiane. L’altra data da rammentare sarà prevedibilmente uno degli ultimi giorni di gennaio: quando il Governo dovrebbe licenziare l’attesa riforma della governance delle banche cooperative (il sottosegretario al Tesoro, Paolo De Micheli, ha confermato che lo schema di decreto recepisce largamente le ipotesi di autoriforma presentate dalla Federcasse).
Nel frattempo la centrale associativa ha deciso un'”accelerazione” sul sentiero della ristrutturazione “unitaria” a gruppo del comparto: lo dice un comunicato congiunto della Federazione, dell’attuale holding operativa del sistema e della centrale delle Bcc trentine. Un passo forte, tutt’altro che mediatico, a valle di un comitato esecutivo della Federcasse nella quale il presidente Alessandro Azzi ha dato senso immediato al mandato pieno rinnovatogli a fine 2015. Un mandato giuntogli da tutte le federazioni regionali per seguire il delicato percorso di riforma normativa e strategica del Credito cooperativo italiano.
Sono passati ormai sei mesi da quando Federcasse ha ultimato i compiti a casa imposti un anno fa dall’Esecutivo. E non passa giorno, ormai, che le Bcc non siano chiamate in causa – più volte anche dallo stesso premier Matteo Renzi – come banco di prova della crisi, della tenuta e della capacità di svolta del sistema bancario italiano. Ma la nuova architettura regolamentare tarda ancora, anche se i tempi dovrebbero essere ormai brevissimi e le incognite sarebbero ormai cancellate. Federcasse ha quindi deciso di rompere gli indugi sul dossier strategico, che è e resterà per larga parte affidato alle scelte autonome delle stesse Bcc. E queste ieri hanno rilanciato a 360 gradi segnali chiari, di condivisione sostanziale di un progetto che nell’ultimo anno è stato oggetto di un confronto spesso franco anche all’interno del Credito cooperativo.
La “realizzazione di un’unica capogruppo” – su cui si è co-impegnato il movimento trentino, storicamente pesante nel sistema italiano – cancella dal dibattito associativo, politico e mediatico l’ipotesi di una balcanizzazione del Credito cooperativo. Ancora in autunno la nascita di più di un gruppo nazionale era un’opzione tutt’altro che teorica. Lo stesso governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, all’ultima Giornata del Risparmio, si era rimesso “al mercato”, cioè alla ricomposizione del confronto interno: essenzialmente fra Azzi e i vertici delle Casse Rurali Trentine. Sotto le crescenti pressioni politico-mediatiche – soprattutto dopo lo showdown delle quattro risoluzioni bancarie di novembre – il movimento si è ricompattato e dopo la conferma di Azzi, il ritmo è stato letteralmente “accelerato”. Alla messa in sicurezza della Banca Padovana presso la Bcc di Roma – la singola banca più grande del Paese – segue ora il via libera al Gruppo nazionale unico: con la formula costruttiva della new company che concretizza nuovamente il mutualismo fra tutte le componenti di un sistema plurale.
Niente sotto-gruppi, quindi: come ancora ventilava la stessa Vigilanza della Banca d’Italia in termini di soluzione flessibile. L’identificazione di un gruppo locale in ‘Alto Adige era dal canto suo quasi scontato nelle premesse: al di là della tutele garantite dello statuto autonomo della Provincia di Bolzano. Non era invece scontato che il polo trentino rinunciasse a una exit teoricamente analoga: soprattutto laddove su Trento si sono polarizzate molte spinte contrarie al progetto Federcasse (tuttora alimentate da alcune Bcc toscane).
Sulla convergenza finale a favore del gruppo unico, oltre alla credibilità della presidenza nazionale, ha influito certamente il rischio crescente che il governo facesse leva sui contrasti interni per imporre una riforma dirigistica: sulla falsariga del blitz sulle grandi Popolari. Invece – lo ha sottolineato il sottosegretario De Micheli – l’ipotesi di copiare in toto il modello Credit Agricole (con un forte depotenziamento delle banche locali) sembra ormai accantonato. Sul terreno della “corresponsabilizzazione meritevole” fra le Bcc, il progetto di autoriforma è del resto molto chiaro e articolato sul salto di qualità : la solidità del nuovo Gruppo nazionale non si misurerà più soltanto con i numeri patrimoniali assoluti e relativi, ma anche con le nuove regole operative attraverso le quali le Bcc vigileranno su se stesse.