«Le parole di Juncker indicano sostanzialmente che è incominciata la campagna d’Italia. Dietro il presidente della Commissione Ue ci sono Francia e Germania, sempre più vicine in funzione anti-italiana». Ad affermarlo è Giulio Sapelli, professore di Storia economica all’Università degli Studi di Milano. Ieri il presidente Jean-Claude Juncker ha affermato che il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, “ha torto a vilipendere la commissione Ue”. E ha aggiunto: “Sono molto sorpreso che alla fine del semestre di presidenza italiana Renzi abbia detto davanti al Parlamento che è stato lui ad aver introdotto la flessibilità, perché sono stato io, io sono stato”. Quindi è arrivato a dire: “Io mi tengo il mio rancore in tasca, ma non crediate che sia ingenuo”.



Professore, che cosa c’è dietro all’attacco di Juncker contro Renzi?

C’è il fatto oggettivo che Renzi ha messo i piedi nel piatto. Tsipras aveva criticato l’Ue nel corso della campagna elettorale, vincendo le elezioni, ma poi il premier italiano è stato l’unico ad avere insistito per un cambiamento della politica economica.



Secondo lei, Renzi è portatore di un’idea alternativa di Unione europea?

Finora non ho visto un piano organico. Certamente ci si sarebbe dovuti aspettare che, dopo avere sollevato la questione in questo modo, Renzi presentasse anche una proposta per passare da una politica dell’austerità a una politica della crescita. Tuttavia il nostro premier è l’unico che da mesi non attacca solo la Germania ma anche la Francia. Non a caso giovedì è arrivata la risposta seccata di Moscovici, che ha rimproverato all’Italia le solite manchevolezze.

Che cosa sta accadendo in Europa?

In Europa si sta formando un fronte contro l’Italia, la cui radice di fondo è l’insofferenza francese nei confronti dell’iniziativa del nostro Paese in Libia. Proprio per questa ragione la Francia si avvicinerà alla Germania in funzione anti-italiana. È proprio da queste tensioni che nascono gli stessi bombardamenti avvenuti in Libia da parte di aerei di nazionalità sconosciuta.



Renzi ne esce rafforzato o indebolito?

Le vicende mediorientali e l’iniziativa coraggiosa che l’Italia ha preso sulla Libia, segnando una grande vittoria diplomatica contro la Francia, paradossalmente hanno indebolito Renzi in Europa. La divisione tra Italia e Francia, che è una vecchia tradizione della politica estera europea, del resto si è sempre misurata sul controllo del Mediterraneo.

Ritiene che dietro le parole di Juncker ci sia anche la Germania?

La polemica di Juncker è stata sicuramente voluta dai tedeschi, cui il presidente della Commissione Ue deve la sua elezione. Juncker è stato eletto contro tutti, e se non fosse stato per la Merkel non si troverebbe al suo posto.

Quale ruolo gioca la vicenda di Nord Stream?

Sollevando la questione di Nord Stream, Renzi di fatto ha attaccato con forza la Germania chiamando in causa i rapporti con la stessa Russia. Il premier italiano ha accusato Berlino di sostenere a parole le sanzioni contro Mosca per poi farci affari, come è tipico della Germania. Tutte le imprese tedesche continuano a lavorare con i russi: addirittura di recente i dirigenti della Siemens si sono recati in visita a Mosca.

 

Che cosa ci dobbiamo aspettare?

Le parole di Juncker indicano sostanzialmente che è incominciata la campagna d’Italia. La Germania sta raccogliendo le forze perché vuole fare pagare al nostro Paese l’iniziativa diplomatica in Medio Oriente e soprattutto nel Mediterraneo. La radice della crisi europea non è in Europa, bensì nell’iniziativa giusta e vittoriosa che l’Italia ha condotto in Libia.

 

Quali sono gli obiettivi dell’iniziativa di Renzi in Libia?

Il nostro Paese vuole riappropriarsi del suo ruolo a Tripoli, che era stato messo in discussione dall’avventura francese voluta da Sarkozy contro Gheddafi, con la quale Parigi voleva cacciarci dal Paese nordafricano. Senza un ruolo in Libia l’Italia è economicamente morta, e non soltanto per il petrolio. Da Tripoli passano infatti tutte le rotte mediterranee che coinvolgono Egitto, Algeria e Marocco.

 

Perché l’attacco di Juncker arriva proprio adesso?

Perché in questo momento il potere del Nord America, che finora ha sostenuto Renzi in modo solido, si trova in una fase di transizione. L’appoggio esterno di cui può godere il governo Renzi è debole, perché c’è incertezza su come andrà a finire la campagna elettorale Usa. Juncker ha scelto il momento più opportuno per farla pagare al nostro premier.

 

A questo punto che cosa dovrebbe fare Renzi?

Dovrebbe continuare a fare quello che sta già facendo, intessendo nello stesso tempo una forte iniziativa diplomatica a livello internazionale. Renzi deve chiedere un appoggio più forte da parte degli Stati Uniti, recandosi a Washington e affrontando la questione con Obama. Dovrebbe inoltre lavorare, soprattutto attraverso la Farnesina, per conquistare un appoggio maggiore dell’establishment americano al di là della divisione tra Democratici e Repubblicani.

 

Chi altro potrebbe essere un alleato dell’Italia in questa fase?

Il Regno Unito, con cui l’Italia dovrebbe riallacciare i rapporti. Gli inglesi infatti a loro volta non hanno interesse che la Francia domini il Mediterraneo. Finora tra Roma e Londra ci sono state solo relazioni estemporanee e più mondane che diplomatiche, mentre occorre intessere degli scambi più seri.

 

(Pietro Vernizzi)