Moderazione salariale e flessibilità del lavoro, recita la Bce nel bollettino mensile. Dicono: “Esiste il rischio che la creazione di posti di lavoro risulti insufficiente a ridurre la disoccupazione per un periodo di tempo significativo se la moderazione della dinamica salariale non sarà sufficiente a stimolare l’offerta di lavoro”. La Banca centrale europea sembra intendere che solo redditi moderati e flessibilità possono dar corso a occasioni di occupazione. Sì, insomma, chi deve produrre produrrà perché ha un costo del lavoro al minimo e la flessibilità al massimo. La regola: bassi redditi, gente disposta a tutto pur di lavorare; così si produce, si cresce. 



Altro giro, altra corsa. Dalla Banca d’Italia, intravvedono “consumi insufficienti ed investimenti deboli perché i redditi ristagnano e le prospettive di occupazione sono incerte”. Insomma, non si cresce. La regola: occorrono redditi adeguati per far consumare quanto prodotto; così si cresce, si investe, si produce, si crea occupazione.



Ricapitolando: per la prima, si cresce se il costo e la flessibilità della forza lavoro rendono conveniente produrre; per la seconda si cresce se i redditi da lavoro sono sufficienti a smaltire quanto prodotto. I banchieri europei chiedono che si produca anche se verranno a mancare i redditi adeguati per acquistare quanto prodotto; la banca italica auspica redditi adeguati che faranno consumare ma appesantiranno il costo delle merci prodotte rendendole poco appetibili.

Due ipotesi di scuola, due mezze verità. Sì, perché nell’economia dei consumi – quel sistema circolare e continuo dello scambio offerta/domanda che genera ricchezza – produzione e consumo legati da un patto di necessità hanno l’obbligo: l’uno di sacrificare il reddito al costo del lavoro per rendere competitivo il prodotto; l’altro di disporre del reddito adeguato che consenta di acquistare quanto prodotto.



Per uscire dall’assillo occorre individuare il punto di equilibrio tra cotanto contrasto: si può contenere il costo del lavoro di produzione per mantenere i margini di utile e continuare a produrre; si deve retribuire altresì quel lavoro di consumazione che smaltisce e fa nuovamente produrre. Il costo di questo equilibrio deve essere ascritto alla voce profitto dei bilanci aziendali. Già, il profitto, quella forma di reddito che remunera le incertezze e il rischio d’impresa.

La pratica di consumazione retribuita, assume l’onere dello smaltimento del prodotto, et voilà meno incertezze, meno rischio d’impresa. Sì, redistribuiti i rischi e i carichi di lavoro, stessa sorte tocca ai redditi: un riequilibrio economico tra le parti, insomma. Tutto qui.