“Sono tre anni che il sistema bancario italiano attende la creazione di una bad bank, essenziale per la ristrutturazione del settore”. Lo ha detto Sergio Gatti, direttore generale della Federcasse, la centrale associativa delle 363 Bcc italiane, intervistato dal quotidiano economico francese Les Echos. Gatti ha parlato alla vigilia del varo della riforma del Credito cooperativo italiano: confermata ieri da Davos per la prossima settimana dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Il quale ha usato, in inglese, l’espressione “piccole banche”: simile a quella utilizzata prima di Capodanno dal premier Matteo Renzi, riguardo l’imminenza del riordino normativo per le Bcc.



“Con il premier Renzi abbiamo mantenuto rapporti buoni e costanti”, ha sottolineato Gatti a Les Echos: “È stato lui – ha ricordato – a consentire al Credito cooperativo di seguire un percorso di autoriforma”. Su un piano più generale, tuttavia, “frammentazione non significa debolezza, è una visione italiana, un po’ ideologica”, ha ossevato il direttore generale di Federcasse. “In Germania operano 1.609 piccole banche cooperative. Si sono dotate di uno strumento unico di tutela (Ips), pur mantenendo la loro piccola dimensione. Se la frammentazione è associata alla salute e all’efficacia delle banche sul territorio, è una ricchezza per il Paese. Le Bcc italiane investono il 95% dei loro crediti sui territori nei quali raccolgono il risparmio”.



“Il settore bancario italiano è solido”, ha affermato Gatti, facendo eco alle molte rassicurazioni espresse in questi giorni da vertici bancari italiani, esponenti dell’Esecutivo e capi di authority. “È un momento particolare in tutt’Europa, soprattutto per l’entrata in vigore della normativa bail-in di cui stiamo osservando i primi effetti. In Italia è poi in corso una ristrutturazione del settore legata alla riforma delle Popolari e del Credito cooperativo. Il sistema è in transizione ed è normale che registri qualche fibrillazione, anche se all’interno di un quadro di complessiva solidità”. Certo, “il settore in Italia soffre di alcuni ritardi: anzitutto l’assenza di una ‘bad bank’ per risolvere il problema dei crediti deteriorati. È un passo che da tre anni chiedono non solo le banche italiane ma anche l’economia reale. Per il sistema bancario italiano il verostress-test è stata la lunga recessione che ha attraversato il sistema-Paese”.



Mentre un incontro probabilmente decisivo sulla bad bank è stato annunciato per martedì a Bruxelles fra Padoan e il commissario Ue all’Antitrust Margrethe Verstager, dal vertice Federcasse (di cui è stato da poco riconfermato presidente Alessandro Azzi) giunge una riflessione sul non facile momento dell’Europa delle istituzioni e delle regole. “Il mondo politico si è ormai abituato a delegare alla tecnocrazia l’elaborazione delle regole bancarie. E spesso è troppo tardi quando la politica torna a occuparsi dei dossier regolamentari per interpretarli ed applicarli. L’opinione pubblica non capisce e se la prende con la politica. È allora che nascono le polemiche, spesso strumentali. È necessario recuperare l’abitudine a dibattere i temi a monte, in fase di elaborazione normativa. Con Bruxelles e Francoforte è opportuno negoziare in modo continua, con prospettiva di lungo periodo, creando rapporti fra persone competenti. Non è mai accettabile, in ogni caso, che nell’interpretazione di normative europee si adottino due pesi per due diversi paesi”.

Il riferimento al “modello francese” del Credit Agricole è ricorso spesso nell’anno intenso di costruzione della riforma del Credito cooperativo: lo ha citato lo stesso Renzi. Anche le Bcc hanno messo in cantiere un consolidamento della loro galassia in un struttura a gruppo, con una holding operativa al centro (nei giorni scorsi un’importante dichiarazione d’intenti è stata formalizzata da Federcasse, Iccrea Holding e Cassa Centrale Banca di Trento). “Noi siamo fieri che Renzi abbia voluto additarci il Credit Agricole come istituzione seria, solida e prestigiosa in Francia e in Europa. Sul piano tecnico e organizzativo, tuttavia, il progetto incluso nella nostra autoriforma guarda a una soluzione diversa: già validata dalla Banca d’Italia e dal ministero dell’Economia. Noi desideriamo mantenere 363 licenze bancarie, anche se naturalmente non impediremo fusioni. Il Credit Agricole è il frutto di un cammino lungo, specialmente in Borsa, accompagnato dal legislatore. Non possiamo passare dalla frammentazione alla Banque Verte CA” con un solo passo. Ma per il futuro può essere certamente un modello”.