Italia e Iran hanno firmato e firmeranno una serie di accordi economici in occasione della visita del presidente Hassan Rohani, che ieri a Roma ha incontrato Sergio Mattarella e Matteo Renzi. Nel settore minerario sono previsti contratti del valore di quasi 5 miliardi di euro che coinvolgono l’Imidro, colosso iraniano del settore. Il Gruppo Danieli ha firmato accordi da 5,7 miliardi che riguardano la fornitura di macchinari e impianti. Mentre il Gruppo Gavio realizzerà infrastrutture da 4 miliardi. Per Saipem sembra chiuso un contratto (4-5 miliardi) per la realizzazione di un oleodotto. Anche Ferrovie dello Stato sarà impegnata in Iran per assistenza tecnica sull’alta velocità e per l’elettrificazione di una linea. Accordi pronti anche per Fincantieri e Pessina costruzioni. Ne abbiamo parlato con Rony Hamaui, professore di Economia dei mercati e degli intermediari finanziari all’Università Cattolica di Milano ed esperto di finanza islamica.



Che cosa cambia dal punto vista economico con l’abolizione delle sanzioni all’Iran?

In primo luogo va fatto un nota bene: non tutte le sanzioni all’Iran sono state tolte. Alcune di queste erano state messe in piedi dagli Stati Uniti nel 1979 dopo l’assalto all’ambasciata americana a Tehran. Altre sanzioni sono state introdotte tra 2011 e 2012 da Stati Uniti, Ue e Onu. Oggi vengono tolte solo quelle di Ue e Onu, ma non quelle americane. Per mettere insieme il sistema sanzionatorio ai danni dell’Iran si erano inoltre impiegati dieci anni, e ora non si pensi che verrà tolto in poco tempo. Per esempio, tutti i prodotti “dual good”, quelli cioè che possono essere utilizzati in ambito sia civile che militare, continueranno a non poter essere venduti.



Per quali altri beni permangono le sanzioni?

Le sanzioni permangono per tutti i beni che hanno una tecnologia americana superiore al 10%. Inoltre, negli scambi con l’Iran non si potrà usare il dollaro. Ma soprattutto rimane in vigore una black list di numerose aziende intoccabili, quelle cioè legate alla parte più compromessa del regime. La possibilità di commerciare o meno con Tehran dipenderà dal fatto che a farlo sia un operatore americano o europeo, dal bene venduto e dall’azienda iraniana cui è effettuata la fornitura. Per le imprese italiane non sarà dunque facilissimo vendere i loro beni in Iran.



Ha ancora senso tenere in piedi una parte delle sanzioni?

Le sanzioni hanno funzionato abbastanza bene nel caso iraniano, perché hanno spinto il suo governo a fare le riforme di cui c’è bisogno.

Quali saranno le principali novità che ci dobbiamo aspettare?

Ci sono 50 miliardi di dollari che saranno liberati, e che quindi l’Iran potrà spendere. Tehran ha annunciato che buona parte andrà in infrastrutture, per esempio per la commessa degli Airbus, nonché per la realizzazione di nuove tratte ferroviarie, aeroporti e pozzi petroliferi. Una parte di quei soldi potrebbe anche essere spesa per azioni militari/terrorismo in Iraq o altrove. Le infrastrutture comunque sono l’ambito in cui le grandi multinazionali stanno lavorando.

Quello iraniano è un mercato aperto alle importazioni di beni italiani oppure è già saturo?

L’economia iraniana in questi anni è stata sommersa da beni cinesi, in quanto questi ultimi non erano sottoposti a sanzioni. Gli iraniani vorrebbero certamente importare anche beni europei, ma si sono abituati per anni ad acquistare da Pechino e quindi per le imprese italiane non sarà semplicissimo scalzare quelle cinesi. Il mercato iraniano peraltro è potenzialmente interessante, perché l’Iran è la diciottesima potenza mondiale in termini di Pil valutato al potere d’acquisto: quindi è un’economia importante.

 

Sul piano politico, secondo lei l’Iran è un interlocutore affidabile?

Sul piano politico l’evoluzione dell’Iran non è ancora completa. Il prossimo 26 febbraio in Iran si terranno le elezioni legislative. Questo voto sarà molto importante perché eleggerà l’organo supremo: bisognerà quindi vedere come andrà a finire. Queste elezioni non dipendono solo da come votano gli iraniani, perché ogni candidato deve essere preliminarmente accettato. In questo momento moltissimi candidati progressisti non sono stati messi nelle liste.

 

Qualche settimana fa Renzi si è recato a Riyad. L’Italia può permettersi di fare affari sia con l’Arabia Saudita sia con l’Iran, storicamente due Paesi rivali?

Non penso che ciò avrebbe ripercussioni forti nell’immediato. Certamente il problema maggiore ce l’hanno gli Stati Uniti, che sono il partner principale dell’Arabia Saudita. Dal momento però che gli Usa lasceranno in piedi molte sanzioni nei confronti dell’Iran, il problema in parte dovrebbe essere attenuato. Sarà quasi impossibile vendere armamenti all’Iran, sia perché le sanzioni non lo prevedono, sia perché il fatto di avere come principale alleato l’Arabia Saudita lo rende ancora più difficile. Finché però l’Italia vende lavatrici o scarpe è un altro discorso.

 

(Pietro Vernizzi)