Con il passare del tempo conosceremo i reali contenuti dell’accordo tra il numero uno della Apple Tim Cook e il presidente del Consiglio Matteo Renzi che, spiazzando tutti, hanno annunciato nei giorni scorsi una prossima iniziativa del gigante informatico a Napoli. Mettendo in fila gli elementi noti della vicenda ci accorgiamo di saperne davvero poco, anche se nessuno può negare che si tratti comunque di una buona notizia. Da verificare è la sua portata, l’esatta dimensione dell’investimento e delle ricadute in città.
Sappiamo per certo che la notizia ha colto tutti di sorpresa. Ne erano all’oscuro finanche il sindaco Luigi de Magistris e il presidente della Regione Vincenzo De Luca. Il meno disinformato è apparso il rettore dell’Università Federico II Gaetano Manfredi, che comunque è apparso vago.
Di sicuro non ci saranno le seicento assunzioni immaginate a caldo, appena chiusa la conferenza stampa. Non si cercheranno grandi spazi fisici da occupare e nemmeno è probabile che si realizzi un centro di ricerche. Non resta che ipotizzare un’attività di formazione e forse di certificazione. Napoli potrebbe insomma ospitare una struttura leggera tesa a migliorare le capacità di giovani e meno (italiani, europei, del bacino del Mediterraneo) come programmatori di App per la casa di Cupertino, attribuendo loro un bollino di qualità che li possa legittimare come fornitori.
Si tratta di mettere in moto un meccanismo virtuoso che incida sulle coscienze e sui comportamenti, collettivi e individuali, molto più che sulle aspettative di trovare un lavoro o un posto che nel nostro Paese restano molto alte nonostante la duratura mancanza di opportunità.
Sappiamo anche, però, che la lieta novella è stata preceduta da un accomodamento con il fisco italiano che ha fatto risparmiare tasse alla multinazionale americana per diverse centinaia di milioni. Qualcosa sul territorio si dovrà pur spendere se si vorrà essere riconoscenti.