«I saldi invernali vanno aboliti, sono un modello superato che appartiene al passato. Anche la fascia alta dei prodotti di moda deve rendersi conto che non ha senso tenere dei prezzi così alti a inizio stagione, per poi abbassarli surrettiziamente alla fine». È la denuncia di Salvatore Testa, professore di Modelli di business per le imprese della moda all’Università Bocconi. Quest’anno i saldi in Italia sono iniziati il 5 gennaio, salvo in Sicilia, Campania e Basilicata dove sono stati anticipati al 2 gennaio. Come spiega il professor Testa, ormai il 50% delle vendite dei prodotti di moda avviene durante i saldi, oppure negli outlet che smerciano tutto l’anno a prezzi vicini a quelli di fabbrica.
Professore, il modello dei saldi è ancora conveniente per i commercianti?
In passato il meccanismo dei saldi è stato usato in modo fraudolento per smerciare dei prodotti di stagioni più vecchie, nonché per operazioni al limite della legalità. Il commerciante in cattiva fede ha approfittato della politica del saldo per guadagnare di più e frodare il cliente, illudendolo con sconti che poi sul piano concreto non c’erano.
Lei ritiene che si tratti di vere e proprie truffe?
Se io vado ad aumentare il listino, oppure se rivendo un prodotto di due o tre stagioni precedenti, è chiaro che sto truffando il cliente. Questo meccanismo oggi è un po’ più difficile da attuare perché il consumatore è più preparato, e quindi ha il coltello dalla parte del manico.
Quindi i saldi sono convenienti più per i commercianti che per i consumatori?
In molti casi sì. Il prodotto stagionale ha un ciclo di vita limitato, e quindi se non si vende è destinato a essere stoccato. I saldi consentono ai commercianti di fare cash, incassare nel peggiore dei casi la somma spesa per la merce e pulire i magazzini. Sicuramente quindi per il negoziante i saldi sono un beneficio. Mentre per il consumatore è un modo per potersi permettere dei prodotti che magari gli sono inaccessibili a prezzo pieno.
I saldi vanno cambiati per consentire loro di funzionare meglio?
Personalmente li abolirei. Ciò cui stiamo assistendo nella moda è a un aumento esponenziale delle vendite a saldo, che si stanno avvicinando al 50% del totale. Su questo fenomeno incide il mercato degli outlet, dove si compra a saldo tutto l’anno. Lo stesso vale per i digital retailer come Zalando, che poi finiscono per sottrarre clienti ai negozi “fisici”. Questa montagna dei saldi fuori stagione sta crescendo, mentre si sta riducendo sempre di più la vendita del prodotto a prezzo pieno attraverso il canale tradizionale.
La crisi dei consumi è reale oppure no?
A essere in crisi non sono i consumi in generale, bensì quelli dei prodotti a prezzo pieno nei negozi fisici. La causa fondamentale di tutto ciò è che i prodotti della moda e del lusso sono troppo cari. Ciò vale sia per i negozi multimarca, sia per i monomarca come lo stesso Armani: anche in fascia alta il fattore prezzo è determinante. Si tende quindi a comprare sempre di meno a prezzo pieno e si aspettano i saldi o le occasioni speciali. Anche Internet del resto fornisce tanti modi per “aggirare” la normativa dei saldi.
Perché le aziende della moda non abbassano i prezzi?
Molte aziende rispondono a questa domanda spiegando che non abbassano i prezzi perché, siccome una buona parte dei loro prodotti sono venduti a saldo, si devono cautelare cercando una marginalità superiore e quindi dei ricarichi più alti. Il problema è che poi in questo modo non vendono. L’eccezione a questo tipo di meccanismo è Zara, che vende a prezzi equi tutto l’anno e poi non fa tantissimi saldi.
Da dove nasce questa situazione del mercato della moda?
Questa situazione generale deriva da un modello di business vecchio. Il meccanismo delle due stagioni, da cui nascono i saldi, appartiene al passato, ma è ancora consolidato soprattutto nella fascia più alta dei marchi più prestigiosi. Invece bisognerebbe guardare ai grandi retailer, che hanno superato le stagioni, e a quanto sta avvenendo nel canale online dove si vendono prodotti tutto l’anno a prescindere dalle stagioni stesse.
(Pietro Vernizzi)