«In Cina stiamo assistendo a delle scosse di assestamento, ma nel tempo la crescita dei salari produrrà effetti positivi sull’economia globale ed europea». A evidenziarlo è Luigi Campiglio, professore di Politica economica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Ieri la Borsa di Milano ha provato, senza riuscirci, il rimbalzo, dopo che nei giorni scorsi si erano registrate gravi turbolenze imputate all’andamento cinese. Anche se, come ha scritto Lucrezia Reichlin sul Corriere della Sera, “l’estrema reazione dei mercati non si spiega con la prospettiva del collasso dell’economia cinese – collasso che a mio avviso non ci sarà – ma con il fatto che i grandi volumi di transazioni finanziarie globali inducono a un’elevata volatilità”.



Quanto sta avvenendo in Cina avrà conseguenze sull’andamento della nostra economia?

Sì, ma non prevedo che gli effetti di lunga durata saranno negativi come è avvenuto nell’ultima settimana. La Cina in questo momento è un Paese chiave per gli equilibri mondiali ed europei. Se si fanno degli interventi appropriati, la Cina può realizzare quella transizione verso un’economia più forte dal lato dei consumi interni. Che sia in atto un cambiamento è innegabile, e qualsiasi cambiamento si porta dietro qualche turbolenza. Ciò che importa è che questo avvenga nel modo meno destabilizzante possibile.



Questo compito spetta al mercato o al governo cinese?

In Cina esiste un mercato, ma è fortemente guidato dal centro. Dal 2000 a oggi questo sistema ha prodotto ottimi risultati: è aumentato il livello di indebitamento e nel giro di pochi anni l’economia cinese si è completamente trasformata. Questa trasformazione determina dei problemi giganteschi di aggiustamento interno.

Quali sfide attendono la Cina nel 2016?

Una delle tante sfide che attendono Pechino è la creazione di una classe media consistente. L’intero sviluppo finora è avvenuto nella Cina costiera, da Shangai a Pechino. La “mainland China”, vale a dire il centro agricolo del Paese, continua a rimanere indietro. Tant’è che, in proporzioni numericamente rilevanti, prosegue l’emigrazione dalla Cina. La comunità cinese in Italia continua a crescere anche grazie a nuovi arrivi, e poiché i cinesi sono laboriosi la loro è una presenza economicamente positiva. Ciò significa però che al momento in Cina queste opportunità non esistono per tutti.



Da che cosa sono state determinate le fluttuazioni della Borsa?

Le fluttuazioni di questi giorni sono influenzate dalle attività dei piccoli risparmiatori cinesi che operano in Borsa. In molti hanno preso a prestito dalle banche per acquistare azioni che si ritiene possano crescere di valore. Fino a sette mesi fa la Borsa cinese è crescita in quanto sono stati realizzati dei guadagni. Ora però si è creata una sorta di bolla speculativa alimentata dal credito, perché tanti cinesi hanno scoperto la Borsa e quindi si sono indebitati per acquistare azioni.

Com’è la salute del mercato immobiliare in Cina?

Il mercato immobiliare oggi è in crisi. La domanda di case in Cina è elevata, ma i bassi salari e il basso potere d’acquisto hanno effetti anche sul mattone.

 

Se il governo cinese alzasse i salari, questo rischierebbe di deprimere le esportazioni delle industrie cinesi?

Questi rischi sono compensati da un processo già in atto di sostituzione delle importazioni estere con produzione interna. È quindi inevitabile che le imprese cinesi alzino gradualmente i salari. I bassi salari hanno caratterizzato la prima fase dell’apertura di Pechino ai mercati mondiali. La Cina oggi rappresenta sempre di più un mercato autonomo, tanto è vero che molte industrie si sono andate a localizzare lì.

 

Lei è ottimista sul futuro della Cina?

Sia pure con tutte le incertezze che derivano dal sistema politico, bisogna cominciare a pensare alla Cina come a un mercato che può crescere e sta crescendo internamente. Questo cambiamento si sta realizzando a una rapidità veramente elevata, e quindi la Cina del 2016 è completamente diversa rispetto alla Cina di dieci anni fa.

 

(Pietro Vernizzi)