Spesso non mi trovo d’accordo con l’economista Stiglitz, ma stavolta… ancor di meno! Sia chiaro, quando dice che l’euro è una moneta che non ha futuro e che l’Italia potrebbe e dovrebbe essere il Paese che per prima esce dalla moneta unica, dice cose che penso anche io. Ma arriva un pochino tardi. Ho il sospetto, visto l’andamento dei commenti del premio Nobel in questi ultimi mesi, che sia un volpone nel fiutare l’aria che tira e di conseguenza far virare le sue opinioni. Come dice lo splendido articolo di Raffaele Iannuzzi, Stiglitz forse sta diventando un pochino keynesiano, visto che il vate dell’economia affermava che “quando i fatti cambiano io cambio idea: e lei?”. Ecco, pure Stiglitz cambia idea, soltanto un pochino in ritardo.
Del resto lo ammette lui stesso: ha capito che l’euro non ha futuro in Italia (e di conseguenza non ci sarà in futuro l’Italia nell’euro) parlando con gli italiani e scoprendo (ma guarda un po’!) che gli italiani non ce la fanno più con l’euro e “vedono con sempre maggiore chiarezza che l’Italia nell’euro non funziona”. Che fenomeno! In effetti, con queste idee non ha fatto altro che allinearsi con il cambiamento di rotta delle dichiarazioni del Fondo monetario internazionale e con le illustri opinioni degli analisti di Societé Generale, colosso bancario francese: l’euro non funziona e non può durare.
Ma che Stiglitz non abbia uno straccio di idea propria è reso evidente dalle soluzioni da lui intraviste: o una rottura dell’area euro, oppure la divisione della moneta unica in due, una del nord Europa e una seconda svalutata del sud. Con tutta modestia, però, dal sottoscritto potete avere qualcosa di più. Al limite potrete non essere d’accordo con le mie elucubrazioni, ma nessuno potrà negare che queste sono il frutto di un picco di attività neuronale del sottoscritto. Insomma, sono idee, non un naso che annusa l’aria che tira. E le mie considerazioni partono da un semplice assunto: chi ci guadagna? Voglio dire, a parte i popoli, chi ci guadagnerà da una spaccatura dell’euro o da una sua divisione in due?
Non certo la grande finanza o quel poco di politica che è rimasta e che sostanzialmente sta dalla parte della grande finanza. E se non ci guadagnano loro, che oggi dirigono le sorti del mondo, allora quello che viene presentato come ipotesi non accadrà, nel breve periodo. Almeno non accadrà finché a guidare il mondo sarà la grande finanza. La quale non va certo per il sottile, come sta sperimentando la Germania. Si è opposta al trattato Ttip e visto cos’è successo? Prima si scopre che la Volkswagen truccava i test, con grande reprimenda morale mondiale e multe miliardarie e crollo delle azioni; poi si multa (sempre da parte americana) Deutsche Bank per la storia dei subprime e di nuovo crollo in borsa. Se così stanno le cose, lasceranno forse che l’Italia se ne esca dall’euro senza tirare un colpo? No, i loro interessi non lo consentono. Loro ci guadagnano se l’Italia subisce una crisi spaventosa ed è costretta a svendere le sue aziende migliori, per tentare di pagare un debito impagabile e non subire danni peggiori.
Così questo è il quadro che mi sono fatto: grande crisi per l’Italia, crisi per il sistema bancario europeo, gran consulto tra i banchieri centrali per evitare la dissoluzione del sistema finanziario mondiale e finalmente la soluzione che ci renderà schiavi per sempre (nelle loro intenzioni): la moneta unica mondiale.
Di fronte a questo quadro, davvero meschino appare il tentativo menzognero del ministro Padoan, che spera ancora in una crescita del Pil dell’1% per il 2017. Una previsione che perfino la Banca d’Italia ha definito ottimistica. Una previsione che cozza contro la realtà di una crescita economica internazionale ridotta al lumicino, soprattutto considerando il dato terribile della crescita del traffico internazionale di merci diffuso dal Wto, inferiore addirittura al Pil mondiale (non accadeva da 15 anni). Un dato che lo stesso ministro ha definito terribile.
Ma pure la previsione di Padoan sul Pil del 2017 è terribile; infatti, solo sei mesi fa la stessa previsione era del +1% per quest’anno e del +1,7% per il prossimo. Una previsione sbagliata del 40%, se tutto va bene. E pure per quest’anno, che non è finito, si parla dello 0,8%, ma fonti Istat indicano un Pil allo 0,6%. Questo è il risultato che ci aspetta, tenendo conto che l’abbiamo raggiunto grazie al petrolio basso, grazie all’euro svalutato e grazie alla droga monetaria diffusa da Draghi al ritmo di 80 miliardi di euro al mese impiegati in acquisto di titoli di Stato e non solo.
Insomma, un disastro. Un disastro evitato, senza questi fattori favorevoli. Ma un disastro evitato ancora per poco.