«Il dibattito sulla legge di bilancio è umiliante per tutti gli italiani. Non lamentiamoci se un giorno qualcuno si alzerà in piedi e dirà: “Voi ve la sentite di farvi umiliare così?”. Se facciamo passare ancora qualche anno, risposte nazionalistiche e irrazionali diventeranno all’ordine del giorno». Lo afferma Alberto Bagnai, professore di Politica economica all’Università G. D’Annunzio di Pescara. Secondo quanto calcolato dai principali quotidiani nazionali, nella legge di bilancio 2017 saranno previsti 8,5 miliardi di maggiori entrate, di cui 5,8 miliardi di aumento permanente del gettito e di 2,6 miliardi garantite dalla voluntary disclosure, il rientro di capitali illecitamente detenuti all’estero, e dalla lotta all’evasione fiscale.
La lotta all’evasione fiscale riuscirà a scongiurare un nuovo inasprimento delle tasse?
A distanza di 40 anni siamo ancora con la retorica della lotta all’evasione. Se fosse così ovvio recuperare miliardi dall’evasione, dovremmo pensare che i governi precedenti siano stati inetti o collusi con gli evasori. Nello snodo tra il governo Berlusconi e quelli di Monti, Letta e Renzi uno poteva anche credere a questa storia, adesso naturalmente no. Con tutto il rispetto per il ministro dell’Economia, non credo che il professor Pier Carlo Padoan sia più abile di Mario Monti nel recuperare l’evasione fiscale. Vorrei vedere che cosa c’è esattamente dentro a questi procedimenti.
Altri 2,6 miliardi verranno dalla spending review. Possono bastare?
Lo snodo veramente importante è che ci devono dimostrare che riducendo la spesa pubblica non si riducano anche i redditi privati. Se una scuola pubblica compra carta per stampanti e la usa per fare coriandoli, questo è chiaramente uno spreco. Nel frattempo però la cartiera ha guadagnato e ha pagato gli operai. Bisogna capire se la priorità è rilanciare la domanda o “efficientare” attraverso i tagli. Questa seconda strada, iniziata con Monti, ci ha portato nel baratro. Il punto fondamentale è che non si cura una crisi di domanda riducendo la domanda.
Nel complesso la legge di bilancio 2017 sarà una manovra per la crescita?
Sinceramente questa “liturgia” della manovra di governo mi ha stancato, anche perché nel tempo è peggiorata. Una volta si parlava di legge finanziaria, attraverso cui lo Stato finanziava il suo intervento nell’economia, adesso si parla di legge di stabilità. Già questo aspetto lessicale non è irrilevante. Fa capire infatti che lo scopo è diventato quello di cristallizzare una situazione che deriva da regole e decisioni prese attraverso trattati non soggetti a un vaglio democratico stringente. La stabilità fa venire in mente un cadavere, che in quanto tale non si muove.
Che cosa non la convince dei trattati dell’Unione europea?
Uno dei cardini del trattato di Maastricht è la stabilità dei prezzi, che confligge con l’obiettivo di piena occupazione. La vera riforma della Costituzione non è quella di cui si sta discutendo adesso, ma è quella che è già stata fatta quando abbiamo aderito al trattato di Maastricht. In questo modo abbiamo sostituito il principio della stabilità dei prezzi a quello della difesa del lavoro e del risparmio. Le politiche per il controllo dell’inflazione per un po’ sono andate solo ai danni degli interessi del lavoro, in quanto hanno compresso i salari. Adesso però stanno andando ai danni dello stesso risparmio.
Anche la legge di bilancio 2017 andrà in questa direzione?
Dal mio punto di vista il dibattito sulla legge di bilancio è umiliante per tutti gli italiani. Non lamentiamoci se un giorno qualcuno si alzerà in piedi e dirà: “Voi ve la sentite di farvi umiliare così?”. Se facciamo passare ancora qualche anno, risposte nazionalistiche e irrazionali diventeranno all’ordine del giorno.
Per Matteo Renzi, “l’1% per il 2017 è una stima davvero prudente, come tutte quelle che fa Padoan”. Lei è d’accordo?
Nel 2017 l’1% di crescita non ci sarà. Renzi sta aspettando che la cavalleria arrivi a salvarlo, ma nella realtà non arriverà perché la Cina stessa rischia una bolla immobiliare. E se la presidente della Fed, Janet Yellen, non alza i tassi d’interesse, significa che l’economia statunitense non è così florida come potrebbe apparire.
Perché lei è contrario alla spending review?
Perché trovo preoccupante che si parli ancora di spending review dopo che già nel 2011 la Banca centrale europea ha chiarito che la crisi nella quale siamo dipende dai saldi finanziari privati e non da quelli pubblici. Gli stessi falchi dell’austerità, come Francesco Giavazzi, hanno ammesso che il debito pubblico non è stato l’innesco della crisi. Mi lascia perplesso il fatto che in queste circostanze si continui a parlare di tagliare la spesa pubblica, quando in realtà il governo dovrebbe attuare un intervento espansivo.
Che senso hanno queste politiche che vanno contro ogni logica economica?
La Germania sta facendo la guerra agli Stati Uniti con il suo surplus commerciale enorme che infastidisce terribilmente Washington. L’unione monetaria serve a Berlino per fare da parafulmine anche rispetto alle reazioni degli altri partner mondiali. Non è una storia nuova, anzi è già successa. Io insegno a Pescara, una città che nel 1943 fu completamente rasa al suolo. Ho quindi sotto gli occhi la rappresentazione plastica di quello che succede quando i popoli europei si legano alla Germania. Quello che rimane dopo è soltanto un campo di macerie.
(Pietro Vernizzi)