“Egalité, egalité” si motteggia già nel Settecento. Motto più in là impiegato per fare la rivoluzione. La Politica prende sotto braccio il motto, l’etica e prova a farne azione; la “redistribuzione” la tecnica per perseguirla. Da lì in poi ci sarà chi spinge e chi frena, ancor oggi la si invoca. Dentro i processi economici, tutto un altro affare. Macché uguali: non tutto a tutti in egual misura, a ciascuno, invece, con giusta proporzione. Si può dar torto per quel che incassa chi, con quel che fa, ha generato ricchezza che poi in parte trasferisce a quelli che, in proporzione, hanno fatto meno?



Eh già, seppur diseguali, così ci si affranca dalla fame, poi pure dal bisogno. Non andrà sempre così. I produttori, ebbri per cotanto fare e per gli “animal spirits” che li abitano, cominceranno a produrre oltre misura, incasseranno senza merito; i sottoposti del lavoro, rei di aver sovrapprodotto, avranno più o meno “quel che serve per vivere”, quel prodotto resterà invenduto.



Con la crisi si tornerà a gridare a gran voce contro la diseguaglianza, l’indice di Gini la misura, quel meccanismo che traferisce la ricchezza, generata dalla spesa agli agenti economici, la conclama. Eh già, se chi gestisce i fattori della produzione è lo stesso che li remunera e tu il fattore che lavora, stai fresco a sperare l’eguaglianza. Così il sistema produttivo va in stallo, l’economia della produzione a ramengo.

Si va oltre. Nell’Economia dei consumi si staglia un nuovo “padrone del vapore”: il consumatore. Quando può con quel che fa, fa il 60% di quella ricchezza; così fa riprodurre, crea occupazione, ecc.: insomma, il solito refrain. I vecchi padroni fanno ancora quel troppo, i sottoposti pure. Quel troppo che squilibra e toglie merito all’avere in tasca di più!



Già, nell’Economia dei consumi e in mezzo alla crisi, perseguire l’eguaglianza conviene? Risulta equa quell’eguaglianza che pretende di dare tanto a tutti, quando non tutti fanno al meglio? Equo invece risulta quel remunero che premia il merito di chi, con la spesa, ripristina la produttività dei fattori di sistema, restituendo portanza al ciclo economico.

Agli attempati politici della Sinistra occorre rammentare come quest’equo remunero ristori proprio il merito dei più. Sì, di quelli che fanno quella spesa. Chi altri sennò? La Politica, per quel che può, deve trovare il modo di dare norma a un più efficiente strumento di trasferimento di quella ricchezza, generata dalla crescita, agli agenti attivi nel ciclo economico.

Stante i fatti e con un fil di voce: “Per tutti secondo il valore produttivo del ruolo di ciascuno; a ciascuno per quel che fa per tutti!”.