“Draghi ha sei settimane di tempo per rilanciare il Quantitative easing”. Così il Financial Times sintetizza l’esito della riunione del direttivo della Banca centrale europea di ieri: Berlino è più intenzionata che mai a chiedere alla banca di ridimensionare il programma di acquisti da parte della Bce. Mario Draghi, strenuo difensore di una linea necessaria per il risveglio dell’economia del sud Europa, Italia in testa, ha ottenuto una sorta di rinvio. Ma a dicembre ci sarà battaglia, assicura il quotidiano britannico. Può darsi che herr Draghi strappi una proroga di sei mesi del programma che dovrebbe scadere a marzo. Ma solo in cambio del tapering, cioè della riduzione progressiva degli acquisti nell’ordine di 10-20 miliardi al mese. In questo modo il Qe si esaurirà da solo entro la fine dell’estate, in modo da non incidere sulle elezioni politiche in Germania come chiede Wolfgang Schaeuble, ministro tedesco delle Finanze, che attribuisce agli acquisti della Bce buona parte delle cause del calo dei rendimenti del risparmio, così inviso a buona parte degli elettori della Cdu-Csu.
È questo il duello, tanto violento quasi sotterraneo, che ha diviso Draghi dai paladini della politica monetaria della Bundesbank. Un duello che, a prima vista, non è riflesso dall’andamento tranquillo dei mercati finanziari, che davano per scontata una tregua tra le varie impostazioni. Com’era quasi inevitabile, vista la congiuntura. Battono alle porte, infatti, le elezioni americane, ultimo passaggio prima del probabile aumento dei tassi Usa, ma anche il referendum italiano del 4 dicembre, che potrebbe innescare una forte turbolenza nell’eurozona. Inevitabile, in questa cornice, evitare un duello comunque prematuro.
Per questo la riunione di Francoforte non ha riservato novità rispetto alle precedenti conferenze stampa del presidente che ha ribadito tesi note da tempo. E cioè: 1) il Qe potrebbe proseguire anche dopo la scadenza fissata per il marzo 2017, ma non potrà durare per sempre. Per ora, inoltre, i tassi di interesse restano a zero così come gli interessi negativi, -0,4%, per i depositi presso la banca centrale di Francoforte; 2) le eventuali nuove modalità verranno annunciate nella riunione dell’8 dicembre; 3) quando il Qe verrà interrotto, la manovra non avverrà in modo brutale; 4) nel board Bce si è discusso di come risolvere il problema dei titoli di Stato che non possono più essere inseriti nell’elenco di quelli acquistabili ovvero con rendimento inferiore a -0,40% (quasi tutti tedeschi); 5) l’inflazione, infine, in Eurozona è attesa in rialzo sotto la pressione dei prezzi dell’energia.
Tutto secondo le previsioni, insomma. In attesa del confronto tra due visioni sempre meno conciliabili. La Germania, secondo la sua visione tradizionale, insiste nel chiedere che “ogni Paese faccia i compiti a casa”, ovvero nessuno si aspetti un aiuto da Berlino se non in circostanze davvero eccezionali. Di sicuro la Repubblica Federale non intende contribuire alla riduzione del suo enorme surplus della bilancia dei pagamenti o, tantomeno, utilizzare il suo tesoro per investimenti né in patria, né in Europa. L’Italia, lasciata sola ad affrontare emergenze geopolitiche o quelle comunque devastanti della crisi delle banche, comincia seriamente a chiedersi quali siano i vantaggi legati alla permanenza nell’Ue. Insomma, i prossimi mesi rischiano di essere decisivi. Non solo per il Quantitative easing.