Ormai in tanti settori è tempo di numeri e di conti. E di verifica delle cose annunciate. Per esempio, la Brexit. Il giorno precedente quel risultato (il 23 giugno di quest’anno), la sterlina valeva 1,49 dollari. Alla chiusura di venerdì 14 ottobre, il cambio dava la sterlina a 1,22 dollari, pari a una perdita di valore, cioè una svalutazione, del 17,5%. A fondo pagina potete vedere il grafico con il valore di cambio dall’inizio dell’anno.
Questi dati reali sono abbastanza in linea con quelle che erano le previsioni. Ma questi dati sono quelli più facilmente manipolabili dai poteri forti finanziari, in particolare dalle banche centrali. Invece, su tutto il resto, le previsioni delle maggiori istituzioni finanziarie sono state smentite clamorosamente. A partire da quelle del Fondo monetario internazionale e della Banca Mondiale, che prevedevano l’economia in recessione, cioè un Pil negativo. Invece, secondo le ultime previsioni, la Gran Bretagna chiuderà il 2016 con una crescita dell’1,8%, ben superiore alla media europea. E pure gli analisti del Credit Suisse hanno sbagliato clamorosamente, prevedendo per quest’anno un Pil in crescita dell’1%, mentre per il prossimo anno era prevista addirittura la recessione, con un calo di un punto percentuale.
Eppure ancora oggi, nonostante l’implacabilità dei numeri, c’è chi ancora continua a propagare la menzogna. Come un recente articolo di Mario Turani, dove addirittura si titola “Ora gli inglesi sono più poveri”. E ci tocca leggere perle di questo tipo: “Non a caso la Confindustria britannica sta mettendo in allarme il governo perché si sbrighi a fare quello che deve e, soprattutto, trovi il modo di fermare la discesa della sterlina. La svalutazione, infatti, se fa il gioco delle grandi aziende esportatrici, penalizza tutti quelli che vendono sul mercato interno: per loro non cambia niente”. Ma se non cambia niente per quanti vendono sul mercato interno, perché sono penalizzati? E poi non è vero che non cambia niente, perché se chi esporta sta meglio e vede più denaro, allora potrà spendere più denaro sul mercato interno. Inoltre, chi esporta potrà assumere: quindi non solo si hanno benefici sul piano dell’occupazione (e scusate se è poco, di questi tempi), ma vi sarà un maggiore numero di stipendi che si spendono sul mercato interno, con maggiori benefici per chi produce sul mercato interno. E poi la chiusura finale del ragionamento: “Cambia solo che se poi vogliono farsi un giro all’estero, comprarsi un Ipad, uno smartphone o qualunque altra cosa prodotta all’estero devono spendere di più”. Capite perché abbiamo l’euro? Così possiamo andare in qualunque paese della zona euro e trovare uno smartphone o mangiare al McDonald’s allo stesso prezzo: davvero un gran risultato, per pochi eletti!
La cosa che invece non viene detta è che le cose cambiano pure per il mercato interno. Infatti, se le cose che vengono importate diventano più care, allora sarà più conveniente produrle in casa e questo incentiverà l’occupazione e il mercato interno. Inoltre, con la moneta svalutata, pure le aziende estere troveranno conveniente aprire sedi produttive in quel Paese, per pagare di meno gli stipendi in moneta svalutata, e poi vendere all’estero e incassare in moneta forte.
Invece, quando il giudizio sull’economia è guidato non dall’osservazione della realtà ma dal pregiudizio, tocca leggere commenti di questo tipo: “Il Paese, patria del pensiero liberale e del libero scambio, sta retrocedendo di alcuni secoli e punta, sembra di capire, verso una cosa che si chiama autarchia e che non ha mai fatto bene a nessuno”. Si appiccica una etichetta che ha già il nome dell’infamia e ci si condanna a non capire più la realtà. Per lo stesso motivo l’ungherese Orban è diventato un fascista. Chi infatti sta con l’Europa e con l’euro vuole la democrazia, a chiacchiere. Una democrazia che loro stessi non rispettano, soverchiando le scelte dei popoli e dei governi nazionali. E chi non sta con loro, è fascista, autarchico, populista.
Di questi pregiudizi sappiamo bene cosa fa la storia: magari per qualche tempo possono diventare violenti, per la rabbia nei confronti di una realtà che si comporta in modo diverso dai loro pregiudizi, ma alla fine sono destinati a essere cancellati dalla storia.