Emergono indiscrezioni sulla voluntary disclosure e la retromarcia del governo sul forfait al 35% sull’emersione del contante. Secondo un retroscena riportato da La Repubblica, si legge su Il Fatto Quotidiano, ci sarebbero state pressioni del Quirinale dietro questa decisione. Il governo guidato da Matteo Renzi aveva pensato a una voluntary disclosure bis, norma ribattezzata “salva-Corona”, inserita nel decreto fiscale collegato alla legge di bilancio: questo tipo di provvedimento l’anno scorso aveva permesso di far rientrare in Italia 60 miliardi portandone 4 nelle casse dell’Erario. Il governo però ha fatto marcia indietro rivendicando la propria scelta come autonoma e non frutto di imposizioni. Ma secondo le indiscrezioni raccolte da La Repubblica ci sarebbero state “perplessità” del Quirinale, nonché del ministero dell’Economia, su una misura che veniva vista come “l’ennesima sanatoria”.
Si torna alla voluntary disclosure in versione originale, quella 2015, per quanto riguarda l’emersione dei contanti. Il governo infatti ha detto addio al forfait al 35%: l’imposta flat sarebbe stata eliminata nell’ultima versione del decreto fiscale per essere sostituita con le normali aliquote progressive sui redditi. Dunque ai contribuenti sarebbe imposto, come prevedeva appunto la voluntary disclosure versione 2015, anche di dimostrare la provenienza delle somme sanate. La marcia indietro del governo sarebbe stata attuata dopo le polemiche su quella che è stata definita la “norma salva-Corona”. Non ci sarebbe quindi più traccia dell’aliquota forfettaria del 35% per regolarizzare le somme in contanti illecitamente nascoste al fisco: nel testo finale del decreto fiscale che accompagna la legge di Bilancio non ce ne sarebbe infatti più traccia. La voluntary disclosure bis è stata attaccata da molti perché ritenuta una sorta di sanatoria per i contribuenti più ricchi.