“Fuga da Deutsche Bank. Dieci hedge fund, secondo un documento interno diffuso da Bloomberg, hanno ritirato liquidità da Deutshce Bank e ridotto la loro esposizione nei confronti dell’istituto di credito tedesco, in virtù della preoccupazione per le sue condizioni finanziarie”. Così inizia un articolo apparso sul sito de Il Sole 24 Ore. E così il titolo del gigante tedesco ha chiuso il mese di settembre nel modo peggiore, scendendo sotto i minimi degli ultimi 15 anni e perdendo oltre il 6% in un solo giorno.
D’accordo, della situazione critica della maggiore banca tedesca tutti sanno; anche io ne ho scritto diverse volte, citando l’enorme esposizione in derivati, cioè in titoli ad alto rischio, pari a 20 volte il Pil della nazione tedesca. Eppure io sento chiaramente puzza di bruciato. In fondo, la situazione critica della banca è nota da diversi anni: allora perché proprio adesso questo attacco? Perché di un attacco si tratta, è evidente. Un esplicito attacco della finanza Usa contro quella tedesca. Fateci caso da dove nasce la notizia: “…secondo un documento interno diffuso da Bloomberg…”. Se era un documento interno, come mai finisce sul maggiore giornale finanziario italiano? Ma è soprattutto la sequenza degli eventi che occorre tenere a mente.
Si inizia quando la Germania mette in discussione il trattato Ttip un trattato che non solo metterebbe in ginocchio le imprese europee (e quindi quelle tedesche), ma che metterebbe a rischio la sovranità degli stati, messi potenzialmente sotto attacco se una nuova legislazione dovesse intaccare i profitti di un’azienda Usa. In tal caso l’azienda potrebbe citare lo Stato in questione davanti a una corte internazionale (ma di fatto fortemente influenzata dagli Usa). Lo chiamano “trattato del libero scambio”, ma dovrebbe essere chiamato “trattato della dittatura del libero mercato”.
Insomma, la Germania inizia a mettere in discussione il Ttip e scoppia negli Usa lo scandalo Volkswagen, con penali da miliardi di dollari. Poi il trattato viene bloccato e le autorità bancarie Usa comminano una multa da 14 miliardi di dollari alla maggiore banca tedesca. Infine, il trattato viene di fatto cancellato e trapela un “documento interno” (inventato?) della più famosa agenzia di informazioni finanziarie (americana) secondo il quale ignoti hedge funds hanno ritirato la propria liquidità dalla banca tedesca, provocandone il crollo in borsa. Coincidenze? Non credo proprio.
Questa è l’amara verità. Gli speculatori tedeschi hanno creato quel mostro che risponde al nome di libero mercato finanziario, dimenticandosi che però questo è globalizzato. Hanno creduto di poter fare il bello e cattivo tempo. E lo hanno fatto in effetti: per esempio, quando hanno voluto togliere di mezzo un fastidioso Berlusconi (fastidioso perché mai avrebbe accettato una legge sul bail-in e perché aveva minacciato di far uscire l’Italia dall’euro) con un attacco speculativo sui titoli di Stato; un attacco che aveva portato il nostro spread a oltre 500 punti. Ora però il “libero mercato globalizzato” si ritorce contro di loro. Ora sono loro a essere presi di mira dagli appetiti della finanza speculativa americana e ne stanno facendo le spese. A questo aggiungiamoci pure che Commerzbank si prepara a tagliare quasi diecimila posti di lavoro e abbiamo un’idea di quanto sia malato il sistema bancario tedesco.
Del resto è comprensibile. Enormi capitali americani cercano disperatamente un rendimento e vista la stagnazione dell’economia mondiale non resta altro da fare che scannarsi fra di loro (speculatori di caste o paesi diversi) per guadagnare nuove fette di mercato. Proprio in settimana è arrivato un altro dato terribile per l’economia mondiale, quindi terribile per tutti. Il Wto (l’Organizzazione mondiale per il commercio) ha diffuso il dato sulla crescita dei commerci internazionali: +2% circa, per la prima volta inferiore alla crescita del Pil mondiale, negli ultimi 15 anni. Segno evidente che l’economia mondiale è al collasso e che non ci può essere alcuna ripresa.
Questo è il quadro che occorre tenere presente, mentre abbiamo ascoltato il ministro Padoan, in conferenza stampa alla presentazione della Nota di aggiornamento al Def, affermare senza alcun ritegno che il governo sta operando bene, che i risultati si iniziano a vedere (anche se la disoccupazione è ancora all’11,4%), anche se per il taglio delle tasse bisognerà aspettare il prossimo anno.
Ancora una menzogna, dopo quelle diffuse in precedenza sul taglio delle tasse. Ovviamente hanno la scusa che non possono tagliare perché la crescita è stata inferiore al previsto. Ma non si mettono certo a spiegare perché, per l’ennesima volta, hanno previsto male. Ovviamente in futuro ci diranno pure che non è stata colpa loro, hanno fatto il possibile, ma se le imprese non investono e non crescono non è colpa loro, se la congiuntura internazionale è in stagnazione o recessione economica non è colpa loro. Le analisi sulla situazione internazionale chissà perché non vengono mai fatte quando loro fanno le previsioni, ma solo dopo come copertura della loro incapacità.
Evidentemente non si preoccupano molto del futuro. O meglio già hanno previsto di andare a casa presto (dopo il referendum sulla Costituzione?) e di non dover rispondere di tutte le balle raccontate sull’uscita dalla crisi. Dopo l’uscita sull’intenzione di costruire il ponte sullo stretto di Messina (opera probabilmente sicuramente per lo sviluppo economico, ma perché non ne ha parlato in campagna elettorale? Ha già, lui non l’ha fatta, la campagna elettorale!), ormai ne sono convinto: questo governo è allo stadio terminale. Meglio se ne vada a casa il prima possibile, prima di portare anche l’economia italiana allo stadio terminale.