La sensazione che l’Opec possa trovare un accordo per limitare la produzione di petrolio, così alzandone il prezzo, ha riaperto gli scenari che fino a poco fa prevedevano nell’Eurozona un’inflazione sotto il 2% fino al 2017. Una parte degli analisti non teme un rialzo dei prezzi energetici che possa aumentare l’inflazione importata perché osservano nei dati un duraturo eccesso di offerta di petrolio sulla domanda e il fatto che ci siano molte scorte da smaltire. Altri, invece, danno importanza all’avvio di una convergenza rialzista tra produttori Opec e non, tra cui la Russia, considerando la natura politica della determinazione dei prezzi petroliferi e la loro amplificazione che può derivare dalla voglia del sistema finanziario di guadagnare “a bolla” su una dinamica rialzista.
Incrociando i due tipi d’analisi, appare razionale pensare che l’inflazione aumenterà nel 2017-18 non tantissimo, ma più di quanto previsto fino a poco fa, annotando che la previsione di futura inflazione potrebbe anticiparne gli effetti prima del suo avverarsi. Bene o male, dopo un triennio di prevalenza del rischio di deflazione nell’Eurozona? Bene per il settore immobiliare, in particolare per l’Italia dove i prezzi sono troppo depressi e, in parte, per le banche alle quali la previsione di un rialzo dei tassi permette d’incrementare i profitti ora minimi e destabilizzanti. Male, invece, per tutto il resto. L’inflazione importata non è generata dalla crescita economica, che fa inflazione “buona”, se controllata, e non comporta, per esempio, aumento dei consumi. Anzi, complica la bassa crescita erodendo i redditi. Comunque, tale rischio non appare ora grave.
Ma per l’Italia c’è un rischio gravissimo. Il programma Bce di acquisto dei debiti, che garantisce un costo minimo di rifinanziamento di quello italiano, è legittimo fino a che l’euro-inflazione resta molto sotto il 2%. Se questa arriva vicino al 2%, considerando anche che il programma scadrà nel marzo 2017, la Bce non potrà rinnovarlo e il debito italiano si troverà senza questa garanzia, non avendo una sufficiente solidità propria a causa dell’enorme massa e della poca crescita del Pil. Inoltre, l’elettorato tedesco vuole l’aumento del costo e dei rendimenti del denaro e le elezioni in Germania si terranno nell’autunno 2017, cosa che rende prevedibile la posizione di Berlino in materia.
La perdita dello scudo Bce sarebbe per l’Italia, fino a che non mostra più crescita, devastante. Da un lato, è troppo presto per valutare questo rischio. Dall’altro, ci sono già motivi per monitorarlo attentamente.