Alitalia ha delle difficoltà e per tale motivo si appresta a fare una seria ristrutturazione. Questo è quanto traspare dalla dura intervista dell’Amministratore delegato del gruppo Etihad, James Hogan, a Il Corriere della Sera. Il principale azionista della compagnia aerea italiana, Etihad, ha infatti evidenziato come, nonostante gli investimenti effettuati, l’ambiente legislativo non sia stato favorevole ad Alitalia. I mancati investimenti di “destinazione Italia”, la mai avvenuta liberalizzazione di Linate, il mantenimento della possibilità di Emirates di operare il Milano-New York e la forte crescita di Ryanair in Italia sono le critiche lanciate da Hogan verso il Governo. C’è stata poi la stoccata all’atteggiamento del sindacato, entrato in sciopero pochi giorni fa.



È bene andare per ordine per comprendere meglio quello che sta succedendo. James Hogan ha certamente ragione su alcune cose, mentre su delle altre commenta giustamente a proprio favore. L’atteggiamento dei sindacati è alquanto miope in questo momento. Hanno sicuramente capito che a breve ci sarà una forte ristrutturazione e per questo motivo hanno iniziato a irrigidire la propria posizione. Tuttavia scioperare adesso contro l’unica opzione possibile (la sopravvivenza di Alitalia con Etihad) poco serve se non a peggiorare la situazione e su questo Hogan sa bene di avere il coltello dalla parte del manico. Andare allo scontro frontale è quanto di più sbagliato possa essere fatto dal sindacato.



Le critiche al Governo sono invece più elaborate. Il programma di “destinazione Italia” è chiaramente una misura che andrebbe a favore di Alitalia (se le destinazioni fossero quelle servite solo da Alitalia). Sarebbe invece bene sviluppare la marca “Italia” nei mercati in più forte crescita, come la Cina e non solo a Pechino per favorire l’arrivo dei turisti stranieri. Il mercato cinese è ormai il primo in termini di turismo generato, avendo superato gli Stati Uniti. Riuscire a prendere questa onda sarebbe essenziale per l’Italia, che ormai è caduta nelle classifiche del turismo internazionale, superata anche da Macao.



Su Linate invece Hogan ha ragione da vendere. Il limite ai 18 movimenti orari è qualcosa di antesignano. Era nella logica della fusione tra Alitalia e Klm diminuire artificialmente la capacità del city airport, ma stiamo parlando ormai di una mancata fusione del secolo scorso. Incrementare il numero di movimenti a 25 l’ora è possibile senza alcun problema, così come togliere le limitazioni di destinazione. Visto che non esiste più un vettore di riferimento su Malpensa in termini di compagnie tradizionali, la difesa dell’aeroporto (che trasporta 5 milioni di passeggeri in meno di Palma di Maiorca) è ormai fuori luogo e per nulla efficace. È impossibile infatti credere che possa arrivare una compagnia europea per investire miliardi di euro e creare un sistema hub and spoke su Malpensa. Aspettiamo il primo volo a lungo raggio da Milano Orio al Serio con qualche compagnia low cost per far comprendere questo fatto anche al decisore politico.

Circa la possibilità data a Emirates di effettuare il Milano-New York si può rispondere che gli effetti sono positivi per il consumatore. L’offerta per tale rotta è aumentata e i prezzi dei biglietti sono diminuiti dal momento in cui è cresciuta la concorrenza. È comprensibile che Alitalia soffra questa libertà lasciata al vettore emiratino, ma è meglio difendere i consumatori che una singola compagnia aerea.

Per quanto riguarda Ryanair, si potrebbe rispondere “è il mercato bellezza”. Il vettore irlandese ha capito l’andamento del mercato, ha sviluppato il proprio modello di business low cost, ha fatto gli aggiustamenti (ora punta più sul mercato business servendo anche i grandi aeroporti) ed è il primo vettore in Italia e in Europa.

Cosa ci lascia dunque questa intervista? La certezza che Alitalia soffre e che presto arriverà una dura ristrutturazione. Questa tuttavia è necessaria, come andiamo dicendo da tempo e potrebbe ricalcare quella appena vista in Air Berlin (società con azionariato di Etihad). Prepariamoci dunque a un periodo caldo per Alitalia. Allacciatevi le cinture. I conflitti sindacali e politici sono in arrivo.