C’è un vero rischio di svolta protezionista da parte dell’America guidata dall’Amministrazione Trump, che inizierà a governare dal gennaio 2017? Da un lato, il mercato non lo sta scontando perché ha annotato che il Trump eletto si esprime in modi molto diversi dal Trump candidato. Dall’altro è in una situazione di attesa e incertezza perché molti commentatori e analisti appaiono più inclini a prevedere il peggio, considerando che per le potenze esportatrici del pianeta – Germania, Cina, Giappone, Italia e Corea del Sud – una barriera per l’accesso al mercato statunitense sarebbe una catastrofe.
Io sono più ottimista. Qualsiasi mossa protezionista implica una ritorsione e questa farebbe tanti danni all’America – la cui dipendenza dall’export è meno rilevante di quella delle nazioni citate, ma comunque rilevante – quanti ne produrrebbe agli altri. Inoltre, il messaggio di Trump e l’orientamento tipico di gran parte del Partito repubblicano che ha la maggioranza nei due rami del Congresso non puntano a un protezionismo generalizzato, ma alla costruzione di rapporti commerciali con le altre nazioni che siano simmetrici, e non più asimmetrici a danno della classe media a causa di un eccesso di concorrenza esterna non bilanciata.
Anche Obama, dal 2013, aveva lo stesso scopo quando lanciò l’area di libero scambio del Pacifico (Tpp, trattato ora sospeso) e quella dell’Atlantico (Ttip, negoziati ora congelati anche dagli europei). Trump non necessariamente cancellerà il trattato del Pacifico e i negoziati con gli europei, ma, probabilmente, vorrà revisionarli con il criterio, appunto, della simmetria commerciale. Oppure di una contropartita geopolitica.
Per esempio, se il Giappone aumenterà il bilancio della Difesa e con esso il presidio contro l’espansione della Cina, potrà mantenere una qualche asimmetria di vantaggio perché produrrà un risparmio nello sforzo strategico statunitense, scambio che probabilmente il premier Abe si accinge a fare nel primo colloquio con Trump.
In sintesi, l’America starà più attenta all’equilibrio del dare e avere negli scambi commerciali, mettendo barriere solo nei confronti delle nazioni che rifiutano tale criterio. Per questo non vedo un rischio di protezionismo catastrofico sul piano globale.
Vedo, invece, un problema per l’Italia qualora Germania e Francia entrassero in frizione con l’America, considerando che l’Ue ha la delega per negoziare i trattati commerciali. Ma Berlino non ha interesse a tale frizione e comunque l’Italia, se l’Ue divergerà, potrà fare un accordo commerciale e militare bilaterale con l’America.