Sempre peggio, verso il baratro. Ma la Bce ha pronta la scusa. La ripresa dell’inflazione di settembre si è confermata un caso isolato, con ottobre che si è rivelato anche peggio delle attese: l’Istat ha infatti rivisto i dati preliminari e ha reso noto che i prezzi al consumo sono diminuiti dello 0,1% su base mensile e dello 0,2% su base annua, a fronte di una lettura flash a -0,1%. E la cosa grave è che se i prezzi non salgono il valore reale del debito aumenta. A zavorrare l’indice sono stati ancora una volta i beni energetici, la cui contrazione si è lievemente accentuata passando dal -3,4% di settembre a -3,6%, a causa di un’intensa flessione nei prezzi di quelli regolamentati (da -3,8% a -6,0%), non bilanciata dal recupero di quelli non regolamentati (da -2,7% a -0,9%). A essere scesi, tuttavia, sono state anche altre categorie di prodotto, come gli alimentari non lavorati (da +0,4% a -0,4%) e i servizi ricreativi, culturali e della cura della persona, il cui trend è tornato piatto dopo il +0,6% di settembre. L’inflazione core, quindi, che non tiene conto dei beni che presentano una forte volatilità di prezzo e, in particolare, quelli dell’energia e quelli alimentari, è scesa dal +0,5% di settembre a +0,2%. 



Si potrebbero usare mille formule, ma occorre essere onesti e utilizzare la brevità: siamo in piena deflazione un’altra volta, nonostante la Bce stia comprando anche l’aria che respiriamo per cercare di stimolare l’aumento dei prezzi. Il problema è che questo è il compito statutario, in realtà sta soltanto sostenendo le Borse e comprimendo lo spread artificialmente, ma l’impennata del nostro sopra quota 170 con il Bund e sopra 55 contro i Bonos spagnoli è la conferma di quanto vi dico da settimane: passata la buriana Usa, ora siamo noi nel mirino dei mercati. Insomma, dopo aver visto un barlume di luce a settembre, dopo sette mesi contraddistinti dal segno meno, si è tornati a viaggiare in acque agitate, situazione che lascia presagire scenari non rassicuranti in vista delle festività natalizie. 



«La correzione dei dati sull’inflazione di ottobre da parte dell’Istat dimostra senza dubbio che l’Italia va di male in peggio», ha dichiarato il presidente del Codacons, Carlo Rienzi, a detta del quale «il Paese è stretto oramai da mesi nella morsa della deflazione, una spirale negativa che sembra senza via di uscita. L’andamento al ribasso dei prezzi, associato a una scarsa fiducia delle famiglie, è decisamente un cattivo presagio per i mesi a venire: purtroppo si andrà verso la gelata dei consumi di Natale, perché tutti gli indicatori economici ci dicono che non ci sono segnali di ripresa né sul fronte dei prezzi, né su quello delle vendite e della spesa. Il settore del commercio, quindi, dovrà purtroppo prepararsi al peggio», ha concluso. 



Ora, chiedere conto al governo per questo è inutile, visto che ormai questo Paese vive in piena dissonanza cognitiva, con una parte della popolazione che crede alla narrativa di Renzi e dei suoi sodali e l’altra che non attende altro che il 4 dicembre per cercare di sfrattarlo da palazzo Chigi; tertium non datur, un minimo di pragmatismo è vietato per legge, tocca essere Guelfi o Ghibellini per forza. Chi però dovrebbe dire qualcosa è la Bce, visto che è suo compito quello di stimolare l’inflazione attraverso il programma di Qe. 

E cosa dice l’Eurotower, attraverso il suo vicepresidente, Vitor Constancio? «Sull’economia globale pesa di nuovo un livello abnorme di incertezza le cui conseguenze potrebbero non essere immediate. A un anno dall’avvio del piano di acquisto di titoli pubblici e privati varato dalla Bce, la situazione sia in miglioramento ma ci sono ancora problemi e nuovi rischi da affrontare». Accidenti, temo non si possa più rimandare il conferimento del Nobel per l’economia, ormai è nei fatti. E di chi è la colpa di questa situazione? Ma di Donald Trump, ovviamente. Per Constancio, «se gli investitori hanno finora reagito positivamente alla vittoria inaspettata di Donald Trump, i politici devono essere cauti nel trarre conclusioni positive affrettate». 

Le economie europee dipendenti dalle esportazioni potrebbero soffrire di un eventuale aumento di protezionismo da parte degli Stati Uniti, soprattutto visto e considerato che Trump ha indicato di voler recedere da alcuni accordi commerciali. A tal proposito, Constancio ha spiegato che il commercio mondiale, già piuttosto debole, potrebbe continuare ad andare a picco, danneggiando tutte le economie aperte, dipendenti dalle esportazioni, mentre i mercati emergenti stanno già sperimentando deflussi di capitale e deprezzamento della valuta. 

Vero, peccato che il problema non sia Trump, ma il timore che la Fed alzi i tassi, fatto relativamente normale dopo 22 riunioni del Fomc in cui si è continuato a calciare il barattolo, minacciando contestualmente di ritoccare al rialzo il prezzo del denaro: è normale che, dopo oltre un anno, qualcuno nel mercato venga a vedere il tuo bluff. Potevano eleggere anche un cartonato alla Casa Bianca, sarebbe cambiato poco, avremmo guadagnato 3-4 mesi, ma poi la questione sarebbe arrivata sul tavolo, perché non è normale una situazione di tassi a zero (quando non negativi) per un periodo così lungo di tempo. Ma sapete, è molto più facile incolpare Trump l’impresentabile. 

«Dovremmo essere cauti nell’arrivare a conclusioni avventate e positive da queste evoluzioni del mercato, perché non necessariamente indicano che l’economia mondiale avrà un’accelerazione della ripresa con una crescita più alta», ha spiegato ieri Constancio in occasione di un evento a Francoforte. E ancora: «Finora questi sviluppi vanno nella direzione di una crescita dell’economia Usa ma nel contesto di una politica “l’America prima di tutto” ci sono serie di rischi politici che potrebbero produrre shock all’economia». Stando al numero due della Bce, inoltre, i rischi e le incertezze sono considerevoli sul fronte della stabilità finanziaria attraverso una possibile inversione di tendenza dei premi di rischio a livello globale che potrebbe portare a un effetto contagio con un impatto sui prezzi degli asset: «Abbiamo già iniziato a vedere questo fenomeno sul mercato obbligazionario e il tutto viene peggiorato dall’aumento dell’incertezza politica nelle economie avanzate». E la colpa sarebbe di Trump che manco ha ancora messo piede alla Casa Bianca? Io capisco la malafede, ma qui stiamo davvero esagerando. Anche perché si arriva alla completa negazione della realtà. 

Ecco cosa ha dichiarato Constancio riguardo la situazione dell’eurozona: «Prevedo che la ripresa dell’area possa continuare il percorso attuale e che la disoccupazione scenderà sotto il 10%, per la prima volta da molti anni, mentre l’inflazione continuerà la normalizzazione con un tasso chiaramente sopra l’1% dalla prossima primavera. Nel complesso, la ripresa nell’area dell’euro sta continuando a un passo moderato ma costante, sostenuta dalle politiche condotte dalla Bce che hanno migliorato le condizioni finanziarie, ridotto la frammentazione finanziaria e sostenuto l’attività economica e l’inflazione mentre la resistenza dell’economia riflette ampiamente il grado di espansione monetaria, attuale e attesa». Ma in quale mondo vive Constancio? Ha appena descritto una situazione inesistente, visto che l’eurozona è bloccata in deflazione, non conosce crescita se non frazionale e basata su stimoli una tantum, non vede aumento dei volumi nei meccanismi di trasmissione del credito, tanto che la Bce ha dovuto aumentare gli acquisti, includendo anche i bond corporate, segnale di una valutazione sbagliata dell’Eurotower rispetto alla quantità di collaterale necessaria per stimolare l’inflazione e del fatto che le aziende per finanziarsi ricorrono a emissioni con il badile, visto che le banche tengono la liquidità parcheggiata overnight proprio alla Bce, pagando lo scotto dei tassi negativi sui depositi. Fallimento totale, ma o la colpa è di Trump oppure si nega bellamente l’evidenza. 

Per Constancio, inoltre, questa ripresa si è rivelata resistente a una serie di shock negativi come il rallentamento economico in Cina la scorsa estate, le forti turbolenze di Borsa nella prima parte dell’anno e, più di recente, l’incertezza dovuta al referendum in Gran Bretagna. Per riuscire a far fronte al problema della bassa redditività delle banche nell’area dell’euro, dovuta a fattori ciclici e strutturali con rischi per la crescita futura della regione, i Paesi dell’euro devono invece attuare una strategia congiunta per risolvere i livelli eccessivi di crediti problematici e le sovraccapacità in alcuni Stati: «Abbiamo bisogno di un settore bancario più forte perché è essenziale per trasmettere meglio gli impulsi di politica monetaria e per sostenere la ripresa economica». Ma se quel settore lo state caricando di liquidità a costo zero e non chiedete in cambio nulla a livello di erogazione del credito, in un contesto di timore per Basilea 4, come pensate di poter risolvere la situazione, con la bacchetta magica? Oppure, come sempre, a parole. 

A detta di qualcuno, poi, i commenti del vice-presidente della Bce indicherebbero che l’Istituto potrebbe non voler rallentare o fermare, almeno nel breve termine, il programma di acquisto di obbligazioni. In questo senso, i responsabili delle politiche della Bce si stanno preparando per un incontro chiave l’8 dicembre, in cui ci si aspetta che si decida sul futuro del programma di acquisto di bond di 80 miliardi al mese, ovvero la sua prosecuzione – scontata fin da ora, visto che l’inflazione viaggia allo 0,3% nell’eurozona e se si smette di comprare gli spread esplodono e la Borsa si schianta – oltre il termine statutario del marzo 2017. Comunque vada, un fallimento totale. Ma c’è la comoda scusa dell’elezione di Trump. Almeno fino all’8 dicembre, poi toccherà fare i conti con la realtà. Noi italiani prima di tutti.