Piovono aiutini per il governo Renzi in affanno sul referendum costituzionale del 4 dicembre prossimo. E così, dopo le batoste dell’Istat che ha registrato il ritorno della deflazione in Italia e dello spread che torna a volare, il primo ministro deve fare i conti con il giudizio di Bruxelles sulla manovra, già anticipato dal caustico “me ne frego” di Jean-Claude Juncker quando interpellato sulla volontà italiana di ottenere maggiore flessibilità relativa ai costi per migranti e terremoto. E la manovra in questione, quella varata dal governo piena di mance elettorali per assicurarsi qualche “Sì” in più al referendum (vedi il bonus da 500 euro per i 18enni o la 14ma per alcune categorie di pensionati), ha coperture decisamente ballerine che hanno subito messo in allarme l’Europa: il 60% del Def, infatti, è a deficit, senza alcun tipo di copertura reale per le voci di spesa in esso contenute. Ma la paura dell’Europa per una terza sorpresa dopo il Brexit e la vittoria di Trump negli Usa è talmente forte che a tre settimane circa dal voto, su cui Renzi si gioca il suo futuro, ecco arrivare appunto un bel aiutino proprio da Bruxelles. La Commissione Ue indicherà sì che la Legge di bilancio potrebbe non rispettare le regole europee su debito e deficit, ma sospenderà il giudizio fino a inizio 2017, dando al governo il tempo di superare il referendum e allungando i termini del negoziato con Roma.
Una mossa questa che di fatto evita di esporre Renzi a pesanti critiche qualora fosse arrivata una sonora bocciatura alla manovra entro il 4 dicembre: ma, ovviamente, il messaggio è chiaro. Do ut des, noi aspettiamo, ma se vince il “Sì” la manovra verrà riscritta in base ai nostri desiderata, quantomeno a livello di copertura e clausole di salvaguardia. Il conto? Ovviamente lo pagheranno le nostre tasche. Ma siccome la situazione è davvero disperata per chi ha riposto nella vittoria del “Sì” tutte le proprie aspettative politiche, ecco che di aiutino ne arriva un altro, questa volta dall’Istat. Nel terzo trimestre del 2016il Prodotto interno lordo, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è aumentato dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e dello 0,9% nei confronti del terzo trimestre del 2015. Insomma, la ricetta Obama è stata imparata molto bene durante il viaggio negli Usa del premier: se il Pil non va, non c’è problema, basta dar vita a revisioni e trucchi contabili. Tanto più che il terzo trimestre del 2016 ha avuto due giornate lavorative in più del trimestre precedente e una in meno rispetto al terzo trimestre del 2015 e la crescita congiunturale è la sintesi di un aumento del valore aggiunto nei comparti dell’industria e dei servizi e di una diminuzione nell’agricoltura.
E a commentare per primo il miracolo del Pil è stato proprio Matteo Renzi che su Facebbok ha scritto: «Con le riforme sale il Pil, senza riforme sale lo spread. Avanti tutta, l’Italia ha diritto al futuro». Insomma, il governo si accontenta di uno zerovirgola per farsi l’ennesimo spot in vista del referendum: «I dati Istat sul Pil sono in linea con le stime del governo. L’economia è sulla strada giusta e le stime di crescita sono affidabili. Ma occorre spingere per accelerare», ha affermato il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Magicamente lo spread è calato, dopo aver toccato quota 180 lunedì: tranquilli, non è questione legata al Pil, è soltanto legata agli acquisti della Bce. Se Francoforte forza un po’ la mano, tutti scappano. Per ora, almeno.
Ciò che Renzi e Padoan non hanno detto, però, è che in una giornata di Borse positive in tutta Europa, Milano all’ora di pranzo era in calo dello 0,6%: come mai, se la crescita è “astronomica” come certifica l’Istat? Forse perché il governo sta calciando un po’ troppo il barattolo in avanti con un argomento parecchio sentito dai mercati: Monte dei Paschi. Il titolo Mps è stato sotto pressione a Piazza Affari dopo l’annuncio del lancio di un’offerta pubblica di acquisto su 11 bond Tier 1 e Tier 2 subordinati per 4,288 miliardi di euro, offerta volta a ridurre l’ammontare finale dell’aumento di capitale da 5 miliardi di euro e facilitare la cessione di oltre 27 miliardi di sofferenze lorde. Dopo essere riuscita a entrare negli scambi con un minimo intraday a quota 0,2484 euro, all’ora di pranzo l’azione Mps scambiava in calo del 6,79%, con 48,5 milioni di pezzi passati di mano. La Consob, ovviamente, non ci trova nulla di strano.
Un gestore obbligazionario interpellato dall’agenzia MF-Dowjones ha sottolineato che «i bond registrano un aumento del prezzo per via della notizia della conversione. Tuttavia, anche se il prezzo offerto è il 100% del valore nominale le obbligazioni non registrano un rally ancora più marcato poiché bisogna tener conto di un altro fattore di rischio relativo alle azioni». Infatti, «gli investitori considerano il fatto che la situazione sul comparto bancario è tutt’altro che sistemata e l’aumento dello spread Btp/Bund che abbiamo visto negli ultimi giorni di certo non aiuta. Siamo poi in una fase in cui il sistema è sotto pressione per via del referendum italiano di dicembre che si avvicina. Quindi, gli operatori, oltre a considerare la convenienza della conversione, tengono presente anche i potenziali rischi di detenere equity bancario», ha concluso il gestore. E i premi su quegli assets cominciano davvero a essere elevati.
Nell’operazione saranno coinvolti solo i bond subordinati e non i senior, ma l’opzione della conversione verrà offerta anche ai piccoli risparmiatori. I titoli consegnati riceveranno un corrispettivo che sarà obbligatoriamente reinvestito nell’aumento di capitale al prezzo definito per l’aumento stesso. L’offerta sui bond inizierà entro fine novembre, ma il calcolo delle azioni spettanti e la consegna delle stesse avverrà solo dopo la conclusione dell’aumento di capitale e contestualmente alla consegna dei titoli emessi per la ricapitalizzazione. Inoltre, la garanzia sull’aumento di capitale è soggetta a varie condizioni, tra cui il deconsolidamento dei non performing loans, l’andamento soddisfacente del marketing presso gli investitori e l’esito soddisfacente della conversione.
Ma qual è il rischio reale, quello che il mercato sta già prezzando? Per i bondholder c’è il trade-off tra aderire e assumersi il rischio equity e non aderire con il rischio che la ricapitalizzazione non vada a buon fine e ci sia il bail-in. Con quest’operazione la banca cercherà di favorire la più ampia adesione all’aumento di capitale, in modo da coinvolgere anche i possessori delle obbligazioni, specie se rientranti nella categoria diversa dagli investitori qualificati: in ogni caso, l’operazione è su base volontaria e resta quindi soggetta a numerose incertezze, in parte legate all’andamento dei mercati. Avete capito bene: se l’operazione dovesse fallire, entreranno in gioco «azioni straordinarie da parte delle autorità competenti, che potrebbero includere, tra le altre, l’applicazione degli strumenti di risoluzione previsti dal cosiddetto bail-in, che prevede tra le altre cose la possibile conversione forzata dei titoli subordinati. Quindi, in caso di applicazione di specifici strumenti di risoluzione, gli strumenti computati nei fondi propri della banca, tra cui i titoli, potrebbero essere soggetti a riduzione del relativo valore nominale o conversione in azioni Mps», ha scritto la banca stessa nel prospetto dell’operazione.
Dunque, l’operazione di conversione appare decisiva per quantificare il resto delle risorse necessarie a completare la ricapitalizzazione. Eppure, si parla davvero poco di questa inezia: avete idea a cosa porterebbe l’applicazione del bail-in per la terza banca del Paese? Non vorrei che la soddisfazione del premier per quello zerovirgola regalatogli dall’Istat grazie ai soliti consolidamenti e revisioni si trasformi in una vittoria di Pirro, in caso davvero Mps fosse costretta a ricorrere alle normative europee e tosare i propri obbligazionisti: avete presente l’effetto Etruria e soci? Ecco, moltiplicatelo per mille. Fossi Renzi, comincerei a preoccuparmi: tanto più che il famoso cavaliere bianco del Qatar appare sempre più invisibile con il passare dei giorni.
Qui si gioca con un rischio sistemico, non con qualche decimale di Pil: spero che almeno a Bankitalia e al Mef si rendano conto della bomba a orologeria che grava su questo Paese.