Referendum italiano, situazione caotica nell’Unione europea e novità in arrivo dagli Stati Uniti: tre fronti caldi che preparano una fase d’incertezza con ripercussioni tutt’altro che positive per la nostra economia. Per Mario Seminerio, direttore del blog Phastidio.net, «quando un’azienda si trova di fronte a un quadro di incertezza forte e crescente è difficile che pensi a espandere i suoi investimenti, inclusi quelli che intende attuare all’estero. Quindi di qui ai prossimi mesi c’è realmente il rischio di una crisi di sfiducia per l’intera Unione europea».
Matteo Renzi ha detto che anche se vince il No non è una tragedia. Quindi questo referendum non avrà ripercussioni sull’economia?
Renzi ha fatto questa affermazione, sia pure in modo un po’ tardivo, perché prima come noto aveva impostato il referendum come una sorta di plebiscito sulla sua persona, in modo abbastanza avventato. Se dovesse vincere il No, Renzi in un modo o nell’altro terrà in piedi la maggioranza.
Il governo riuscirà a conservare una qualche capacità di incidere sull’economia?
Il governo andrà avanti, ma apparirà molto logorato, anche alla luce del fatto che il 2017 sarà l’ultimo anno completo della legislatura. Sarà quindi difficile riuscire a impostare qualcosa di importante e rilevante. Sul fronte delle tasse l’anno prossimo, con la legge di bilancio 2018, dovremo affrontare un maxi aumento Iva del 3% e oltre 20 miliardi di clausole di salvaguardia da disinnescare. Se vince il No non ci saranno particolari problemi per Renzi, ma la situazione del governo resterà fragile e ulteriormente indebolita.
Intanto i Paesi dell’Unione europea vanno in ordine sparso su tutto, dall’immigrazione al rispetto dei trattati. Ciò come impatta sull’economia?
Il rischio è che sotto la spinta dell’immigrazione, e quindi delle forze populiste che stanno crescendo in vari Paesi, ci sia un ulteriore peggioramento della governance europea. È una sorta di preavviso di “liberi tutti” che però finirebbe chiaramente con il creare effetti fortemente negativi sull’economia, perché ad esempio potrebbe nuocere agli investimenti.
In che modo?
Quando un’azienda si trova di fronte a un quadro di incertezza forte e crescente è difficile che pensi a espandere i suoi investimenti, inclusi quelli che intende attuare all’estero nell’ambito dell’Unione Europea. Quindi di qui ai prossimi mesi c’è realmente il rischio di una crisi di sfiducia per l’intera Unione europea.
Il Quantitative easing della Banca centrale europea proseguirà anche oltre la scadenza prevista del marzo 2017?
Il Quantitative easing della Bce ha ormai quasi esaurito i suoi effetti favorevoli. C’è quindi la possibilità di un’ulteriore proroga di un semestre, fino al settembre 2017, ma in un quadro ancora una volta di elevata incertezza che rischia di andare a colpire soprattutto Paesi come l’Italia che sono fragili e non riescono a crescere. Credo e temo che la capacità della Banca centrale europea di tenere in piedi tutte le contraddizioni dell’Unione europea si stia affievolendo. Il fatto che nel 2017 si vada a importanti elezioni politiche non aiuterà il quadro d’insieme.
A proposito di elezioni, un’eventuale vittoria di Donald Trump negli Usa quanto può influire sull’andamento dell’economia globale?
Se dovesse vincere Trump e fosse coerente con tutto quello che ha detto finora, l’effetto sull’economia globale sarebbe una bella mazzata. Parliamo di un personaggio che ha una forte propensione al protezionismo. Se si attuasse un impulso protezionistico che parte dagli Stati Uniti, le conseguenze sul commercio mondiale, che è già molto fragile, sarebbero pesantissime. Poi Trump potrebbe anche rimangiarsi le sue promesse, ma se dobbiamo stare al suo cosiddetto “programma elettorale” ci sarebbe un discreto sconquasso nell’economia mondiale.
In concreto che cosa accadrebbe?
Trump potrebbe anche inventarsi dei dazi sull’importazione delle auto tedesche negli Stati Uniti, ma poi sarebbe l’inizio della fine per tutta l’economia mondiale. Spero che ciò rimanga soltanto “fantaeconomia” e che non si realizzi davvero dopo le elezioni di novembre.
Quali effetti avrebbe un rialzo dei tassi d’interesse della Federal Reserve?
Già ora c’è una pressione che spinge ad aumentare i rendimenti obbligazionari di mercato, sia negli Stati Uniti sia in Europa sia nello stesso Regno Unito, per motivi legati all’incertezza della Brexit. Se poi aggiungiamo la possibilità che la deflazione finisca e che torni a esserci un’inflazione lievemente positiva, è chiaro che ci sarebbe un aumento dei rendimenti in modo abbastanza generalizzato.
Chi sarebbe a pagarne il prezzo?
I primi a pagarne le conseguenze sarebbero gli italiani. Non bisogna dimenticare che negli ultimi tre anni il governo italiano ha quadrato i conti con fatica, ma grazie al forte risparmio sulla spesa per interessi. Se ci fosse una ripresa dei rendimenti obbligazionari anche quei risparmi verrebbero meno e automaticamente ci sarebbe nuova pressione sui conti pubblici italiani.
(Pietro Vernizzi)