Le turbolenze di Alitalia sembrano non finire mai. Settimana scorsa è stato infatti annullato un cda all’ultimo istante, nel quale si sarebbero dovute prendere alcune decisioni urgenti. La compagnia aerea, nonostante l’arrivo di Etihad, continua a perdere molti soldi e si trova di fronte al bivio di ricapitalizzare o fallire. Le perdite per il 2016 si aggirerebbero intorno ai 400 milioni di euro, vale a dire oltre un milione di euro al giorno.
Questa debolezza deriva dalla sempre maggiore competizione che il vettore sta subendo sullo scalo di Roma Fiumicino, che di fatto sta distruggendo la struttura di hub and spoke di Alitalia. L’arrivo in forza di Ryanair, Easyjet e Vueling sullo scalo romano oltre un anno e mezzo fa (con il pieno appoggio di Adr), ha distrutto i piani di Etihad che voleva rilanciare la compagnia tramite la costruzione di un hub forte proprio su Fiumicino. Per fare questo rilancio aveva infatti bisogno di alimentare l’hub con voli a corto-medio raggio, per aumentare anche il numero di passeggeri per il segmento a lungo raggio (quelo più remunerativo).
Molte compagnie tradizionali perdono soldi ormai sul corto-medio raggio, ma la forza del lungo raggio compensa pienamente queste perdite: per esempio AirFrance-Klm dichiara un rosso di 230 milioni di euro per l’hub feeding, ma oltre un miliardo di euro di profitto operativo sul lungo raggio. Questo è possibile perché il ratio dei ricavi tra lungo e corto-medio raggio è superiore a 2,5. La debolezza di Alitalia deriva dalla propria struttura troppo sbilanciata verso il corto-medio raggio, fortemente concorrenziata dalle compagnie low cost.
È bene ricordare le dimensioni attuali di Alitalia: il vettore trasporterà questo anno circa 20 milioni di passeggeri, contro i 115 di Ryanair. La società italiana ha forte bisogno di liquidità, nonostante i soldi immessi dal socio Etihad, sia durante la ripartenza (agosto 2014) che nel corso degli anni successivi. Il problema principale è che Etihad vorrebbe anche ricapitalizzare Alitalia, ma i limiti attuali bloccano gli emiratini al 49% delle quote azionarie. E i soci italiani non hanno alcuna intenzione di mettere altre risorse. La legislazione europea non permette il controllo da parte di soci extra-Ue di una compagnia europea: una legislazione stupida (come definito pure dalla stessa Commissione europea), ma che risponde agli interessi dei grandi vettori tradizionali.
L’Italia dovrebbe “battere i pugni sul tavolo” a Bruxelles per togliere questa restrizione, ma i tempi per un cambiamento non sono brevi. Si è parlato nei giorni scorsi di trasformazione in azioni senza diritto di voto di un bond da parte di Etihad, ma molto probabilmente questa azione sarebbe impugnata a livello europeo perché Alitalia diverrebbe a “controllo di fatto” di Etihad.
Quale futuro dunque? Il piano che verrà presentato a dicembre dal management di Alitalia prevede tagli di circa 2000 persone e almeno 20 aerei di corto medio raggio lasciati a terra (fonte Reuters). Questo piano ricorderebbe molto quello attuato per Air Berlin, ma la compagnia italiana ridurrebbe ancora di più la propria dimensione: se così fosse nel 2017 probabilmente trasporterà 15 milioni di passeggeri.
È chiaro che tale azione servirebbe a ridurre le perdite, ma tale scelta servirebbe a ben poco senza una ricapitalizzazione forte per puntare al lungo raggio. Inoltre il lungo raggio ha bisogno di feederaggio per potere sopravvivere (sono pochi i mercati che si sostengono sui voli diretti da Roma) e il taglio dei voli a corto raggio farebbe avere delle perdite per Alitalia anche nel lungo raggio. Un circolo vizioso che porterebbe comunque Alitalia verso un fallimento posticipato e rallentato. Se tutto va bene durante le prossime elezioni politiche (vi ricorda qualcosa?). Cosa rimarrebbe da fare?
Prendere coscienza che Alitalia è un vettore regionale e che se esiste una possibilità di sopravvivere per queste compagnie, è dentro qualche altro vettore molto più grande. Tuttavia per fare questo, serve l’interesse di qualche vettore europeo (visti i limiti al controllo extra-Ue), ma in questo momento l’attenzione delle big europee sembra languire, come Alitalia. L’altra soluzione, che va in direzione totalmente opposta (contro gli interessi di Lufthansa e AirFrance-Klm), è fare una forte azione di lobbying a livello europeo per cambiare velocemente la legislazione di limiti all’azionariato vigenti. Qualunque sarà la scelta, è da prendere in fretta. Il tempo per Alitalia è quasi scaduto un’altra volta.