Si annuncia un autunno davvero turbolento. Lo dico anche dal punto di vista meteorologico, visto che, nonostante sia ancora imperante la bufala del riscaldamento della terra, i siti più accreditati scientificamente, come questo, affermano chiaramente che è finita l’era delle temperature calde e a causa della sempre minore attività solare potremmo essere all’inizio di una piccola era glaciale. E per iniziare, secondo questo articolo, dai primi di novembre potremmo avere temperature rigide e nevicate a quote medio-basse sugli Appennini. Ma non divaghiamo e torniamo ai temi economici (che comunque spesso sono pure influenzati dalle variazioni climatiche). Si preannuncia un autunno turbolento in Europa, sia da un punto di vista sociale che economico.



In Italia abbiamo il referendum costituzionale il 4 dicembre. I diversi schieramenti politici sono in piena campagna elettorale, chi per rafforzare il governo e il premier Renzi, chi per abbatterlo. Tra questi soggetti, il tema referendario appare davvero in secondo piano. Poi ci sono diversi attori sociali (associazioni varie) che sembrano più attente agli elementi essenziali del quesito. Tra queste si distingue in particolare il Comitato difendiamo i nostri figli (Cdnf), una sigla nata con le manifestazioni di piazza note come Family Day, organizzate per contrastare il percorso della legge Cirinnà.



Ora quelli che voglio la riforma (quelli del Sì) sono oggettivamente in difficoltà, sia per alcuni clamorosi errori, come quello di aver personalizzato il referendum, con Renzi che ha annunciato le proprie dimissioni in caso di sconfitta, un errore riconosciuto da lui stesso (e una settimana dopo averlo riconosciuto, pure la Boschi ha affermato la volontà di dimettersi in caso di sconfitta, un caso quasi comico di perpetuazione dell’errore), sia perché in molti ormai sanno che la riforma è gradita e ben vista da tanti ambienti stranieri, soprattutto finanziari. E ci vuol poco a capire che gli interessi di certi ambienti finanziari non coincidono con gli interessi di noi italiani, cioè gli interessi del popolo. E le percentuali dei sondaggi sono finora per una vittoria per il No, circa il 54% contro il 46%. Ma altri sondaggi riportano percentuali più elevate.



In tale contesto, si nota l’affannoso lavorio degli esponenti di governo per raccogliere consensi all’estero, dove pure voterà una consistente parte di italiani. Così la Boschi è andata in Sud America, mentre Renzi è andato a trovare Obama, il presidente Usa ormai a fine mandato: ricevuto con tutti gli onori, ha pure incassato un cordiale elogio per la riforma che intende attuare. Inevitabili sono arrivati i commenti sarcastici sul premio Nobel per la Pace più guerrafondaio di ogni epoca.

Ma un altro fronte rischia di diventare davvero incandescente: è il fronte dei rapporti con l’Ue, in particolare con la Germania. Infatti, Renzi sta pure tentando di usare la finanza pubblica per ingraziarsi una parte degli elettori e vincere la partita referendaria. Il problema è che risulta difficile questa operazione senza avere margini di spesa, a causa dei vincoli europei. Anche perché, mentre gli altri superano quei vincoli e non vengono ripresi né ammoniti, noi li rispettiamo (o tentiamo di farlo), chissà per quale strana forma di autolesionismo.

Chissà, magari Renzi si era pure illuso, visto che sta facendo un favore alla finanza straniera. Qualche anno fa, un report della banca americana JP Morgan (di cui ho già parlato) si lamentava delle legislazioni dei paesi del sud Europa, a suo dire troppo “socialiste” (cioè a difesa dei deboli) e quindi poco interessanti per gli investitori, augurandosi che ulteriori crisi costringessero tali paesi a robuste riforme costituzionali. A sancire gli interessi stranieri, la nuova Costituzione prevede all’articolo 117 che la potestà legislativa sia sottomessa alla Costituzione e ai “vincoli derivanti dalla Unione europea”, come spiegato da un ottimo articolo del costituzionalista Giuseppe Palma.

Forse questo ulteriore cedimento aveva illuso Renzi. Forse Renzi ha gioito quando Berlusconi nel 2011 fu costretto alle dimissioni dalle manovre speculative straniere sullo spread. E non si era reso conto che così il governo italiano ne sarebbe uscito irrimediabilmente indebolito nei rapporti con l’estero. Ora forse inizia a rendersene conto, viste le continue bacchettate che riceve dopo la finanziaria proposta. Renzi si è illuso non rendendosi conto che quelli che hanno mandato via Berlusconi sono gli stessi che ora gli stanno mettendo il bastone tra le ruote. Probabilmente sospettano la vittoria del No al referendum e la caduta di Renzi, così si preparano a farcela pagare cara per costringerci a soluzioni sempre più drastiche, a vincoli sempre più stretti. Infine, per costringere lo Stato a svendere le proprie aziende migliori, in modo che vengano ridimensionate o in modo che i profitti finiscano all’estero.

Insomma, niente di nuovo e niente di buono, soprattutto per l’occupazione e per la crescita. Ma gli imprevisti sono tanti e non è detto che questo piano vada in porto. La Francia ne è un esempio. Nonostante lo sforamento dei parametri europei (il deficit francese è al 4% e i recenti dati sul Pil inferiori alle attese fanno temere che non rientrerà a breve) e l’assenza di sanzioni, l’esplosiva situazione sociale (eccesso di disoccupazione, eccesso di differenza tra poveri e ricchi, eccesso di immigrazione) ha portato la polizia francese (dopo l’ennesimo grave atto di violenza subito) a protestare in piazza di notte. La notizia è stata praticamente bucata da tutti i media di informazione italiana, nonostante le manifestazioni si siano svolte in tutta la Francia e nonostante non sia la prima volta di tali clamorose proteste, che sono accadute anche nel mese di maggio di quest’anno. Il governo e il direttore della Polizia nazionale avevano minacciato gli agenti e spiegato che tali azioni dimostrative erano “inaccettabili” e comportavano gravissime punizioni, ma i poliziotti hanno risposto che “inaccettabile è fare da passivi testimoni all’eliminazione del proprio popolo”. Una frase durissima. La notizia è riportata da un post del blog del giornalista Maurizio Blondet.

Ci vuole poco (almeno per me) a prevedere quello che oggi non sembra prevedibile per i media, cioè disordini di piazza anche in Italia. Anche qui troppa disoccupazione (soprattutto giovanile), troppa differenza tra ricchi e poveri e troppi immigrati (soprattutto troppi clandestini e delinquenti) stanno rendendo la situazione incandescente. A questo aggiungiamo pure le sofferenze bancarie giunte a livelli record. Quale sarà la miccia che farà detonare la crisi sociale? Quale evento finanziario o politico (esterno o interno) aprirà il vaso di Pandora?

In questi giorni il ministro Padoan ha dichiarato che se dovesse bocciare la manovra finanziaria del Governo, l’Ue “rischia la fine”. Verrebbe da ridere, se la situazione non fosse tanto drammatica. L’Ue, intesa come luogo di convivenza civile e di solidarietà, è finita da un pezzo, potremmo dire che è finita con Maastricht, da quando cioè i rapporti sono stati improntati alla concorrenza piuttosto che alla solidarietà. Ora rimane solo la guerra, prima commerciale e finanziaria, oggi sempre più sociale. Sperando che non diventi una guerra delle armi (anche se nessuno lavora per evitarla).

Comunque i 150mila italiani in meno certificati dall’Istat per il 2015 sono già un bollettino di guerra. Occorre recuperare la nostra storia; occorre recuperare le nostre radici; e occorre pure pregare, perché pure questo fa parte della nostra storia e delle nostre radici.