La lotta tra Vivendi e Mediaset Premium ha caratterizzato l’ultima estate. Ancora adesso non è chiaro in quale direzione possa andare a finire questa battaglia, ma una cosa è sempre più certa: i mercati tlc e media sono ormai un unicum e non possono non integrarsi. L’esempio più chiaro è arrivato proprio nelle ultime settimane, quando è stato annunciato il tentativo di fusione tra AT&T e Time Warner.



Il colosso delle tlc americano ha fatto un’offerta che rende bene l’idea della posta in gioco nel mondo dei contents: 85 miliardi di dollari per prendersi uno dei più grandi produttori americani che possiede tra l’altro la Cnn, Hbo e la produzione di serie quali Games of Thrones. Perché AT&T sta andando giustamente in questa direzione? Gli operatori tlc non possono più fare il mero operatore telefonico, ma devono integrarsi con la produzione di contenuti. L’arrivo della concorrenza da un lato di Netflix, Google con Youtube, Amazon nel mercato dei video e di Whatsapp, Facebook Messenger o WeChat, dal lato delle comunicazioni, non permette agli operatori telefonici di restare a guardare.



Non a caso AT&T aveva acquisito per quasi 50 miliardi di dollari DirecTV, primo operatore via satellite tra Centro e Sud America. Entrare nel mercato della TV via cavo e in quello della produzione dei contenuti è l’unico modo per competere per le tlc. Esiste ormai un unico grande mercato che va da Netflix, arrivando fino Whatsapp, passando per tutti gli operatori TV e telefonici.

Tornando all’Italia, ci sono due punti da tenere in considerazione. Il primo è la massa critica: Telecom Italia indubbiamente ha compreso la direzione da intraprendere, ma avventurarsi da soli è estremamente complicato. Per tale ragione è logica l’alleanza con Vivendi, che possiede anche l’operatore Canal Plus nella pay per view. Mediaset Premium è stata valutata 700 milioni di euro (con tutti i problemi poi legati al valore dell’azienda visti in estate probabilmente vale meno), ma ha una dimensione infinitesimale rispetto alle operazioni che stiamo vedendo negli Stati Uniti. È logico che in Italia si andrà verso l’integrazione e la convergenza, ma la massa italiana è troppo piccola.



Il secondo punto è un problema di regolazione: la Fcc (Federal Communications Commission) e la Commissione europea devono comprendere che il mercato è ormai unico sia in termini orizzontali (geograficamente) che verticali (tlc, media e internet).

Qualcosa, però, va detto anche sul ruolo dei Governi, che in Italia sono stati sempre interventisti. Questa volta l’esempio negativo arriva dal Governo argentino guidato dal “liberale” Macri: per favorire alcuni gruppi editoriali si vuole impedire il consolidamento del mercato TV con quello delle tlc, che ormai è “logico” nel settore. Questo interventismo porta a un rischio di blocco degli investimenti esteri e degli investimenti in generale. Forse l’invasione di campo attuata in passato su Telecom Italia dovrebbe essere insegnata a livello globale.

Tutto questo porta a due considerazioni finali:

1) I veri competitor non sono più i singoli operatori europei dove il mercato è estremamente frammentato, ma la competizione è globale. Sarebbe meglio comprendere che la Cina sta diventando leader in questo settore e che forse sarebbe meglio permettere un consolidamento tra Stati Uniti ed Europa.

2) La regolazione deve favorire la crescita degli investimenti fissi. Per sviluppare la fibra e il 5G sono necessari moltissimi soldi che solo grandi operatori possono mettere. Favorire solo gli Over the Top o Google, com’è successo negli Stati Uniti negli ultimi anni, porta a un blocco degli investimenti.