Lo spread tra Btp e Bund ha superato quota 160, toccando il massimo di 162 punti base. Anche il differenziale tra i titoli di Stato italiani e quelli spagnoli è ai livelli record, con ben 46 punti base, il massimo dal febbraio 2012. Quella che è in atto è quindi una nuova offensiva nei confronti del nostro Paese sul fronte dello spread, tanto che secondo il gruppo di ricerca tedesco Sentix l’Italia ha maggiori probabilità della Grecia di uscire dall’euro. Ne abbiamo parlato con il professor Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie.
Lo spread italiano è così alto a causa del referendum?
La storia del legame tra spread e referendum è stata messa in giro da persone compiacenti che si immaginano effetti straordinari legati alla consultazione del 4 dicembre. La vera causa dello spread è abbastanza evidente: la legge di bilancio 2017 dell’Italia non rispetta le regole dell’Unione Europea e quindi non fa scendere il rapporto debito/Pil. Ciò avviene in un brutto periodo, in cui ci sono timori di peggioramento anche per quanto riguarda lo sforamento dovuto al terremoto, le cui spese sono formalmente fuori bilancio, ma che dal punto di vista dei mercati ne fanno comunque parte. Se l’Italia avesse un bilancio che segue le regole dell’Unione Europea non si troverebbe in questa situazione.
Perché lo spread di Portogallo e Spagna non è così elevato come quello dell’Italia?
Perché Portogallo e Spagna stanno rispettando le regole Ue. A differenza di questi paesi, l’Italia ha inoltre una massa di debito pubblico enorme, sia in termini assoluti sia come rapporto debito/Pil. Mettendo insieme tutti questi fattori, si comprende perché il debito italiano sia considerato sempre più a rischio. A ciò si aggiungono la mancanza di compattezza del centrodestra e il fatto di dare per scontata l’attuale legge elettorale, che porterà a una vittoria di Beppe Grillo alle prossime elezioni.
Lo spread ha solo ragioni economiche o anche politiche?
La motivazione politica è che l’attuale deficit è provocato da un governo eletto dal 33% dei votanti. I libri di economia affermano non a caso che quando c’è il governo della minoranza, questa fa i deficit che vanno a carico della maggioranza. E’ quindi evidente che quanto c’è un sistema elettorale che non garantisce la rappresentatività di tutti, e tende a generare lo sfruttamento di una parte sull’altra, dà luogo a questi effetti indesiderabili.
Come influiscono su questo scenario le polemiche di Renzi nei confronti dell’Ue?
Le polemiche di Renzi nei confronti dell’Unione Europea sembrano fatte apposta per peggiorare lo spread. C’è un’unica ragione per sostenere che una vittoria dei Sì al referendum può calmare il sistema. La speranza degli osservatori internazionali è che dopo che i Sì avranno vinto, Renzi smetterà di sprecare risorse per comprarsi il consenso elettorale. Ma non sarà così perché entro il 2018 il premier dovrà rifare la stessa mossa in vista delle Politiche.
Per Sentix, l’Italia rischia di uscire dall’euro più della stessa Grecia. Quanto è fondato questo timore?
In realtà l’Italia potrebbe andarsene dall’euro perché non le conviene rimanere, mentre la Grecia ormai è legata mani e piedi all’Eurozona perché è ultra-commissariata. Se il nostro Paese avesse un bilancio che si avvicina al pareggio, potrebbe stabilire che non gli conviene rimanere nell’Eurozona. Del resto nella stessa destra tedesca è presente un’ampia corrente propensa alla divisione dell’euro in due aree valutarie differenti. Il think tank Open Europe, favorevole all’economia di mercato, ritiene che in questo modo si avrebbe un maggiore sviluppo globale.
Uscendo dall’euro, l’Italia non rischierebbe di trovarsi isolata?
Non è così. Dal punto di vista dell’ubicazione geografica, l’Italia è collocata in un’area favorevole alle relazioni con gli Stati Uniti. Inoltre il nostro Paese ha una posizione strategica che si protende verso l’Africa ed è l’anello di congiunzione tra Europa e Medio Oriente. L’Italia ha relazioni stabili anche con Germania e Francia, ma storicamente si è sempre collocata nell’area del dollaro e ha sempre fatto parte della Nato.
Ciò vale anche dal punto di vista del commercio estero?
Sì. Il principale mercato del Made in Italy sono gli Stati Uniti, rispetto a cui noi siamo complementari e non rivali. Ne sono esempi emblematici l’industria meccanica e dell’elettronica, nonché il settore agroalimentare. La cucina italiana predomina negli Usa grazie alle virtù di dieta mediterranea. Pizza e pasta, caffè e cappuccino sono ormai al primo posto nella grande distribuzione Usa. Ci sono quindi molteplici affinità tra Italia e Stati Uniti, mentre la Germania è posizionata nel mezzo del continente europeo e non ha lo stesso tipo di dinamica. La stessa Francia, per una sorta di nazionalismo, non ha molti legami con gli Usa.
(Pietro Vernizzi)