Si avvicina la fine dell’anno e puntuali ecco arrivare le 10 previsioni oltraggiose di Saxo Bank, potenziali “cigni neri” che il 2017 potrebbe vedere in azione, partendo dal presupposto che se davvero la Fed alzerà i tassi la prossima settimana, allora veramente l’intero sistema finanziario si trasformerà in un uncharted territory dove tutto può accadere. La prima profezia riguarda la Cina e, per la precisione, il fatto che il Pil cinese supererà l’8% e lo Shanghai Composite sfonderà quota 5mila punti. Per Saxo, la Cina potrebbe capire di aver raggiunto il picco massimo sostenibile della sua fase di crescita per manifattura e infrastrutture e, attraverso un enorme stimolo di politica fiscale e monetaria, aprire ai mercati di capitale al fine di ottenere una transizione vincente verso una crescita legata ai consumi. Il risultato potrebbe quindi essere quello di un Pil che supererà l’8% nel 2017, guidato soprattutto dal traino del settore dei servizi. L’euforia innescata da una crescita trainata dai consumi privati potrebbe quindi vedere lo Shanghai Composite raddoppiare il suo livello del 2016, superando quota 5mila punti.
La seconda previsione riguarda invece gli Usa, in particolare l’intervento della Fed per calmierare la crescita del rendimento del Treasury a 10 anni. Con il dollaro e i tassi di interesse Usa in continua crescita per tutto il 2017, la politica da testosterone fiscale di Donald Trump porta il rendimento del decennale statunitense a raggiungere il 3%, causando il panico sui mercati. Sull’orlo del disastro, la Fed decide di copiare la politica di controllo della curva dei rendimenti della Bank of Japan, fissando il rendimento del Treasury a 10 anni all’1,5% ma da una diversa angolazione, ovvero introducendo un Qe4 o addirittura un Qe indefinito nella sua durata temporale. Questa mossa blocca prontamente la sell-off generalizzata di mercati equity e bond, portando al maggior incremento per il mercato obbligazionario da sette anni a questa parte. Insomma, gli Usa – per motivi apposti al 2008 – ripartono con la stamperia della Fed, dando vita a un altro rally garantito unicamente dalla Banca centrale.
Terza previsione, ovvero il tasso di default nel comparto ad alto rendimento supererà il 25%. Con il tasso di default medio a lungo termine per i bond ad alto rendimento al 3,37% già salito nel corso delle recessioni Usa del 1990, 200 e 2009 rispettivamente al 16%, 10% e 12%, il 2017 vedrà salire quella percentuale al 25%. Avendo raggiunto il limite dell’interventismo delle Banche centrali, i governi di tutto il mondo si muovono verso uno stimolo fiscale, mossa che porta con sé un aumento dei tassi di interesse (Giappone escluso) e un contemporaneo balzo all’insù della curva dei rendimenti. Con triliardi di corporate bonds in procinto di schiantarsi, il problema verrà esacerbato da una rotazione in uscita dai fondi obbligazionari, qualcosa che amplierà gli spread e renderà il rifinanziamento del debito di basso grado impossibile. Con il tasso di default che raggiungerà il 25%, alcuni attori del mondo corporate verranno schiacciati dal loro modello inefficiente, lasciando spazio a modelli di allocazione del capitale più validi.
Quarta previsione, molto interessante, riguarda la Brexit: anzi, la non Brexit, perché il Regno Unito cambierà idea e sceglierà di rimanere. Con la protesta populista in continua crescita su entrambe le sponde dell’Atlantico, la leadership dell’Ue decide di prendere una posizione più collaborativa nei confronti del Regno Unito. Con i negoziati che proseguono, Bruxelles apre a concessioni chiave sull’immigrazione e sul passaporto finanziario per le aziende del settore dei servizi finanziari con sede nel Regno Unito. Al momento di invocare l’Articolo 50 e portarlo davanti al Parlamento, il governo britannico riconsidera la situazione e spinge per un nuovo accordo. Il Regno Unito resta quindi nell’orbita dell’Ue, la Bank of England alza i tassi allo 0,5% e l’euro/sterlina si schianta a 0,73, di fatto invocando un simbolismo del 1973, quando la Gran Bretagna entrò nella Cee.
Quinta previsione, crollo del prezzo del rame. Questa materia prima, infatti, è stata una delle beneficiarie delle promesse seguite alle elezioni presidenziali Usa in campo economico, ma nel 2017 il mercato comincerà a realizzare che Donald Trump dovrà faticare non poco per portare a termine gli investimenti promessi e l’atteso aumento nella domanda di rame fallirà di materializzarsi. Costretto ad affrontare montante malcontento interno, Trump alzerà il volume della sua politica protezionistica, introducendo barriere commerciali che creeranno problemi sia ai mercati emergenti che all’Europa. La crescita globale comincerà a indebolirsi, mentre anche la domanda cinese di metalli rallenterà proprio per il tentativo di transizione verso una crescita orientata sui consumi. Una volta che il rame avrà rotto la linea di supporto del trend, tornando al livello di 2 dollari per libbra come nel 2002, la speculazione al ribasso alluvionerà il mercato, portando le valutazioni del rame a minimi della crisi finanziaria, ovvero, 1,25 dollari per libbra.
Sesta profezia, la crescita esponenziale dei guadagni per Bitcoin e dell’influenza delle cosiddette criptovalute. Sotto la presidenza Trump, la spesa fiscale statunitense aumenterà il deficit di budget da 600 miliardi a 1,2-1,8 triliardi di dollari: questo causerà un aumento esponenziale della crescita ma anche dell’inflazione, obbligando la Federal Reserve ad accelerare un aumento dei tassi di interesse e portando il dollaro verso nuovi massimi. Questo combinato creerà un effetto domino sui mercati emergenti e particolarmente in Cina, i quali cercheranno un’alternativa al sistema di monete fiat denominato in dollari e alla loro eccessiva dipendenza dalla politica monetaria Usa. Questo porterà a un’incremento della popolarità per le criptovalute alternative, con Bitcoin che beneficerà più di tutti del nuovo trend. Con i sistemi bancari e i governi di Russia e Cina che si muoveranno verso un’accettazione di Bitcoin come parziale alternativa al dollaro, la criptovaluta più famosa al mondo triplicherà il suo valore, passando dagli attuali 700 dollari a 2.100 dollari.
Settima previsione oltraggiosa, la crisi del sistema sanitario Usa dovuta alla riforma introdotta dall’amministrazione Trump. La spesa sanitaria statunitense è attorno al 17% del Pil contro una media mondiale del 10% e una percentuale sempre crescente della popolazione americana non è in grado di pagare i conti ad essa legati. L’iniziale rally borsistico del settore farmaceutico, seguito all’elezione di Donald Trump, svanirà in fretta nel 2017, visto che gli investitori realizzeranno come l’amministrazione non potrà andarci sul leggero con la sanità e, anzi, lancerà riforme draconiane per l’improduttivo ed eccessivamente caro sistema statunitense: l’Etf Health Care Sector Spdf Fund crollerà del 50% a 35 dollari, ponendo fine al più spettacolare mercato del Toro dalla crisi finanziaria.
Ottava profezia, nonostante Trump il peso messicano si apprezzerà, soprattutto verso il dollaro canadese. Il mercato ha completamente sovrastimato la vera intenzione o anche solo l’abilità di Trump di porre un drastico freno al commercio con il Messico, una qualcosa che permetterà al peso di rivalutarsi, questo mentre il Canada comincerà a soffrire per i tassi di interesse più alti che daranno il via a un credit crunch nel settore immobiliare. Le banche canadesi andranno in sofferenza, costringendo la Bank of Canada a una modalità di allentamento quantitativo e iniezioni di capitali nel sistema finanziario. Inoltre, il dollaro canadese andrà in underperformance visto che il Canada beneficerà di meno della risorgente crescita degli Usa rispetto al passato, a causa della politica di hollowing out della base manifatturiera canadese legata alla globalizzazione e dell’eccessiva forza della moneta.
Nona profezia (e speriamo che questa sia azzeccata), il settore bancario italiano sarà l’equity asset meglio performante. La banche tedesche sono intrappolate nella spirale dei tassi di interesse negativi e di curva piatta dei rendimenti, per questo non hanno accesso ai mercati di capitale. Vista la struttura stessa dell’Ue, un salvataggio bancario tedesco equivale a un salvataggio bancario europeo, un qualcosa di benedetto per le banche italiane, alle prese con economia interna stagnante e con il peso dei non performing loans a bilancio. La nuova garanzia permette al sistema bancario di ricapitalizzarsi e la creazione di una European Bad Debt Bank permetterà una pulizia degli stati patrimoniali degli istituti dell’eurozona, facendo ricominciare a lavorare il meccanismo di trasmissione del credito. Il rally delle banche italiane vedrà aumenti di più del 100%.
Ultima previsione, l’Ue stimolerà la crescita attraverso euro-bond comuni (di fatto, la vendetta di Prodi e Quadrio Curzio sulla nomenklatura Ue di almeno una decina d’anni). Dovendo fare i conti con il successo delle forze populiste in tutta Europa e con la vittoria del partito di Geert Wilders alle elezioni politiche olandesi del prossimo marzo, i partiti politici tradizionali cominciano ad allontanarsi sempre di più dal concetto di austerity in favore di politiche keynesiane, le stesse lanciate dal presidente Roosevelt dopo la crisi del 1929. L’Ue lancia allora un piano di sei anni per un ammontare di spesa di 630 miliardi di euro, sostenuto dal presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, ma per evitare una diluizione risultante da un aumento degli import, i leader europei annunceranno contestualmente l’emissione di euro-bonds, i primi dei quali legati a una piano di investimenti infrastrutturale da 1 triliardo di euro, rinforzando l’integrazione dell’intero continente e stimolando inflows di capitali nell’Ue.
A mio avviso, potrebbero avversarsene quattro su dieci. Voi cosa dite?