Non c’è dubbio che in questa settimana le cronache finanziarie siano state dominate dagli eventi riguardanti Mps e Mediaset. Per la banca toscana si continua a percorrere la strada della soluzione di mercato, mentre per il gruppo televisivo di Cologno Monzese si cerca di capire quali siano le reali intenzioni di Vincent Bolloré e le possibili contromosse della famiglia Berlusconi e del “sistema Paese”. C’è comunque un filo rosso che sembra unire queste due vicende. Ed emerge in questa conversazione con Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano.



Professore, la vicenda Mediaset sembra aver riacceso i riflettori su una possibile “colonizzazione” del nostro sistema economico. Cosa ne pensa?

Essendo il Paese ancora a un regime molto basso di crescita, dall’estero si fanno acquisti a prezzi molto vantaggiosi. Questo è un fatto, non è un’opinione. Bisognerebbe che davvero l’interesse del Paese tornasse al primo posto e che quindi tutti i discorsi e le riflessioni che si fanno sulla crescita acquistassero una concretezza operativa.



L’emergenza sembra però essere quella delle banche.

Dobbiamo certamente mettere a posto le banche, questo è fuori discussione. Di fatto abbiamo 360 miliardi di Npl, che sono in gran parte il risultato della crisi economica. Ed è evidente che si recuperano più facilmente i crediti se le imprese “annegate” ritornano a galla. Per questo la crescita è fondamentale. Il punto è che bisogna intervenire subito perché la situazione si sta deteriorando in tempi abbastanza rapidi. 

Per quanto riguarda Mps crede che la soluzione di mercato sia realmente percorribile?

Me lo auguro, ma non credo ci siano alternative a una presenza temporanea del settore pubblico per evitare il fallimento. Che sarebbe un disastro per tutto il sistema bancario italiano e non solo. Purtroppo diventa un onere per i contribuenti, ma temo che non esistano altre possibilità. Spero poi che grazie a un bail-out, e non a un bail-in, di Mps ci sia un po’ più di respiro per raccogliere capitali sui mercati per le altre banche in difficoltà, perché anche se dovessero fallire quelle piccole ci sarebbe un grosso problema e un peggioramento delle aspettative nei mercati finanziari.



Quali settori ritiene che siano più a rischio di essere acquistati a “prezzo di saldo”?

Come ho detto prima, il Paese, anche se a basso regime, funziona ancora. Il problema è che quel che funziona viene discretamente e a volte poco elegantemente portato via. Mediaset è un caso emblematico e un’azienda importante, ma vedrà che appena la loro situazione migliorerà, appena si troverà una soluzione, le banche saranno le prime candidate a essere acquistate. Certo, presentano dei rischi per un investitore estero, ma possono essere acquistate quasi a prezzo di realizzo.

Ma cosa cambierebbe realmente nell’avere una proprietà italiana piuttosto che straniera?

Se fossimo in un’Europa unita non ci sarebbe alcuna differenza. Il punto è che noi ci muoviamo anche in Europa in una logica di emergente nazionalismo che ci riporta indietro nel tempo. Quindi il fatto che i centri decisionali delle banche siano in Italia piuttosto che in Germania o in Francia fa la differenza.

Che tipo di differenza?

Per fare un esempio, sicuramente le banche tedesche tenderanno a finanziare le piccole e medie imprese della Germania, non quelle dell’Italia.

 

Quindi ci si potrebbe trovare nella situazione in cui i risparmi di un italiano finiscono per finanziare aziende di un altro Paese e non l’impresa che ha “dietro casa”?

Le cose non starebbero propriamente così. Diciamo che i criteri e le modalità di accesso al credito per le Pmi italiane sarebbero ancora molto più “caute” rispetto a quanto avverrebbe per le Pmi del Paese in cui si trova la casa madre della banca.

 

A questo punto, Professore, non varrebbe la pena studiare un intervento pubblico che non sia limitato a Mps?

Sono totalmente d’accordo. Normalmente bisognerebbe crescere economicamente e poi ricapitalizzare le banche. Ma dati i tempi e la situazione la precedenza va data alla ricapitalizzazione con un’operazione di sistema, perché nel momento in cui si trovasse una soluzione per Montepaschi e poi il giorno dopo finirebbe nei guai un’altra banca ci troveremmo daccapo.

 

(Lorenzo Torrisi)