Convertire o non convertire? È questo il dilemma per chi ha investito i propri risparmi in un bond subordinato e non sa se convertirli in azioni. Importante in questo caso è tutelarsi rivolgendosi ad un legale se quando è stato effettuato l’investimento in un bond subordinato sono state subite pressioni o sono state date informazioni sbagliate. Il discorso cambia per chi, invece, era consapevole del rischio. In questo caso ci sono tre strade: «Si può vendere il bond sul mercato, ai prezzi attuali, se si trova un compratore: le condizioni commerciali non sono male» è il primo consiglio di Raffaele Zenti, esperto di finanza e di gestione dei rischi. Tra i fondatori di Advise Only, Zenti ai microfoni dell’Adnkronos ha illustrato anche la seconda strada, quella della teoria dei giochi: «Se uno converte e il grosso del mercato converte, c’è un effetto positivo sul titolo: una conversione in massa è un buon segnale e c’è la possibilità che la storia dell’investimento prosegua bene, anche in vista dell’arrivo di un anchor investor». La terza e ultima strada è quella della mancata conversione. Se anche il grosso del mercato converte, si è comunque in una buona posizione perché «c’è un futuro per il Monte dei Paschi e potrà vedere quasi sicuramente il rimborso del titolo». Se, invece, gli altri obbligazionisti non convertono e il mercato e riluttante può sperare invece di avere una tutela. E questa è la strada preferita da Zenti: «Aspetterei di vedere cosa succede. Cercherei di far valere il mio status di piccolo azionista e, nel caso peggiore, spererei che Bankitalia in futuro mi garantisse un ristoro».
Dopo l’ok alla conversione in azioni dei bond subordinati, per Monte dei Paschi di Siena è arrivato ieri sera anche il via libera da parte della Consob all’aumento di capitale. Innanzitutto sarà verificata, come riporta il Corriere della Sera, “l’adesione dei detentori delle obbligazioni subordinate (40mila risparmiatori), che sono stati chiamati a convertirle in azioni: gli obbligazionisti hanno in portafoglio oltre due miliardi di bond subordinati e la scadenza è per le 14 di mercoledì 21 dicembre”. Poi partirà anche l’aumento di capitale che dovrà coprire la parte dei cinque miliardi non arrivati dalla conversione e dovrebbe concludersi venerdì: si tratta di un aumento “riservato per il 65% agli investitori istituzionali e per la restante parte al retail”. E affinché l’operazione abbia successo sarà “determinante l’apporto del Qatar, che il governo dovrà convincere a staccare un assegno da 1 miliardo. Il prezzo minimo di emissione sarà di 1 euro e la banca ha già avvertito di attendersi un valore «significativamente inferiore» a quello di Borsa (+1,3% a 20,93 euro la chiusura oggi)”.
Sulla vicenda del Monte dei Paschi di Siena e sul via libera della Consob alla conversione in azioni dei bond subordinati in mano ai piccoli risparmiatori, interviene anche il sindaco di Siena Bruno Valentini. In un post pubblicato sul proprio profilo Facebook Valentini scrive che “la fuga di depositi è stata provocata in gran parte dall’allarmismo delle Autorità europee e dalla irresponsabile e martellante gazzarra che da mesi e mesi ha dipinto MPS come insolvente. Nessuna altra banca in Europa avrebbe resistito a questa campagna di denigrazione, alimentata anche da interessi politici, se la motivazione e la credibilità dei dipendenti non si fosse incontrata con la fiducia della maggior parte dei clienti”. Valentini aggiunge che “ci sono 25mila dipendenti MPS che sono una forza straordinaria e credibile, capace di rimediare ai danni prodotti da tutti i manager incapaci ed infedeli del passato” e che “MPS può ancora salvarsi e credo proprio che ce la farà se riemergeranno questi valori e l’indipendenza della direzione della banca da interessi esterni” (clicca qui per leggere tutto).
Cosa succedere in casa Monte dei Paschi di Siena la prossima settimana? Si gioca tutto in quei sette giorni che separano dal Natale il futuro, o almeno una grossa fetta di esso, di Mps e dei correntisti. Salvataggio privato, mercato o nazionalizzazione? In focus realizzato da Ansa, sono proposti e previsti tre scenari diversi per il pubblico retail, i circa 40mila piccolo obbligazionisti Mps coinvolti nel piano di conversione volontaria di bond subordinati per circa 4,5miliardi di euro, di cui 2 in mano ai retail. Nel primo scenario, se l’aumento di capitale va a buon fine, la conversione permetterebbe ai possessori del bond subordinato Tier II 2008-2018 di ottenere un premio del 50% circa rispetto all’attuale valore di mercato del bond e poi sperare che successivamente all’aumento di capitale il valore delle azioni Mps non scenda eccessivamente. Nel secondo scenario che si può trovare anche su Milano Finanza, l’aumento va in porto ma non viene interamente sottoscritto, il governo potrebbe sottoscrivere parte dell’inoptato senza conversione forzosa. Lo Stato probabilmente andrebbe a rimborsare i piccoli obbligazionisti ai valori di mercato (circa 50 euro rispetto ai 100 di emissione) con quindi una perdita solo in parte compensata dalle cedole incassate nel corso degli anni. Di certo uno scenario meno favorevole per gli obbligazionisti. Terzo e ultimo scenario, se l’operazione di ricapitalizzazione fallisce in toto, Banca Mps si troverebbe costretta a ricorrere al bail-in con la conversione forzosa dei subordinati. Nei prossimi giorni e nelle prossime scelte si saprà molto del 2017 di Banca Montepaschi…
Ultime ore di fuoco per i vertici di Mps Siena dopo l’ok della Consob alla conversione in azioni dei bond subordinati in mano ai piccoli risparmiatori. Come riportato nei nostri focus sulla situazione in tempo reale di Monte dei Paschi di Siena, le ultime decisioni del Cda riflettono il tentativo di evitare la nazionalizzazione. Nel caso specifico di Mps, come informa La Stampa, si tratta di 40mila posizioni per un controvalore di oltre 2 miliardi di euro. Come detto, il periodo di adesione è stato prorogato fino al 21 dicembre 2016 ma non solo: secondo fonti di Reuters vicino al dossier, entro dovrebbe arrivare anche l’autorizzazione a procedere con l’effettivo aumento di capitale. La situazione va certamente risolta prima di Natale, con la data del 21 dicembre da cerchiare sul calendario per la fine dell’adesione all’offerta, il giorno prima dell’ultimo Consiglio dei Ministri dell’anno che potrebbe a quel punto varare la nazionalizzazione della Banca di Siena, chiudendo il discorso in maniera perentoria.