Le responsabilità morali di Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia, e di Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia, nella crisi bancaria in atto sono veramente gravi. Morali, perché non esiste un reato di “omissione”: ma la loro colpa è appunto quella di non aver fatto in tempo le tante cose, e semplici, che avrebbero dovuto essere fatte per salvare il Monte dei Paschi di Siena, ridurre i danni inferti dalle passate gestioni alle Popolari venete e aiutare le quattro cosiddette “good bank” scaturite dalla risoluzione di Banca Etruria, CariChieti, CariFerrara e Banca Marche a trovare nuovi padroni.
Responsabilità morali di Visco e Padoan più che di Renzi, paradossalmente: perché quest’ultimo non capisce assolutamente nulla di banche ed economia, e per formarsi le sue idee si avvale di consiglieri privati interessati – basti pensare al caso clamoroso della JpMorgan, scelta come advisor per il Monte con una carissima parcella su una soluzione che di fatto escludeva molte alternative forse più praticabili; ma questo suo non capirne è chiaro a tutti e perfino a lui, che ne ha più volte fatto oggetto di disinvolte autoironie; mentre gli altri due ci capiscono eccome, eppure non hanno avuto il coraggio o la fermezza per aprire gli occhi al loro capo pro-tempore (molto pro-tempore).
Quel che è in atto in queste ore è dunque solo l’estrema conseguenza di inesorabili premesse.
1) Il Monte dei Paschi. La conversione facoltativa delle obbligazioni subordinate da parte del pubblico indistinto – 40 mila malcapitati che le avevano sottoscritte senza sapere a quale rischio andavano esponendosi – è stata autorizzata dalla Consob accodandosi alla logica di azzardo in extremis che ha mosso il vertice del Monte sotto la regia di JpMorgan e Mediobanca. Teoricamente, se gli obbligazionisti convertissero i loro titoli (hanno tempo per farlo fino a mercoledì 21), il debito del gruppo scenderebbe di un paio di miliardi e reperire altre risorse con l’aumento di capitale sarebbe più facile. Però innanzitutto “più facile” non significa “sicuro” e potrebbe comunque darsi che poi i nuovi finanziatori come il Qatar non si palesino mai – visto che nessuna banca ha finora garantito in senso proprio la ricapitalizzazione – lasciando gli ex obbligazionisti e nuovi azionisti post-conversione con un palmo di naso e un pugno di mosche in mano. E soprattutto, mancando qualsiasi anticipazione sull’esito dell’ispezione che la Bce ha appena concluso a Siena e che i vertici della banca avevano dissimulato al mercato, nulla autorizza a postulare che i conti della banca non siano peggiori di quel che si pensa e che ha indotto a individuare in 5 miliardi di euro la ricapitalizzazione necessaria (così come si sono rivelati peggiori i conti sia delle due popolati venete che delle good-bank).
Da segnalare, in questo contesto, la durezza dell’attacco sferrato contro la Consob e il governo dai Cinquestelle che, sul tema, usano una franchezza encomiabile: “La dolorosa vicenda del decreto ‘salva-banchieri’ non ha insegnato nulla. E nemmeno lo stop del Consiglio di Stato all’attacco al risparmio contenuto nella riforma delle banche popolari. È scandaloso che la Consob possa farsi complice e concedere per l’ennesima volta a un gruppo di banchieri senza scrupoli di tosare decine di migliaia di risparmiatori con una conversione volontaria di obbligazioni subordinate che nasconde un vero e proprio ricatto”. Si riferiscono al fatto che la conversione delle obbligazioni autorizzata dalla Consob costituisce una deroga alla normativa Mifid varata in Europa per tutelare il risparmio. “Montepaschi – continuano i grillini – costringerà in pratica i piccoli investitori a firmare un via libera che solleva l’istituto da ogni responsabilità circa i potenziali rischi della conversione. Potremmo definirla un’adesione ‘spintanea’”.
In effetti, ammesso che un po’ di risparmiatori convertano, è molto probabile che alla fine lo Stato dovrà intervenire comunque – vedendosela poi in Europa per non subire l’ennesima procedura per aiuti illeciti – e questo smusserà, se non risolverà, la crisi: arrivarci così tardi e così male è frutto di quelle responsabilità morali ricordate all’inizio.
2) Le banche popolari. Ragionamento simile: la riforma Renzi era fatta coi piedi. Era iniqua nella logica, perché le gestioni vergognose di Popolare Vicentina e Veneto Banca non dipendevano dal loro essere banche cooperative, ma dalle colpe dei gestori, così come al Monte il fatto di essere società per azioni non ha attutito gli effetti velenosi della pessima gestione di altri soggetti inadeguati. Renzi ha ascoltato le sirene di personaggi interessati, in questo caso ad esempio Davide Serra, intelligente ma spregiudicato e ideologico capo di un gruppo di fondi molto speculativi, e ha varato una manovra priva di senso. I cocci si stanno contando adesso. Non era corretto non prevedere modalità chiare per consentire in ogni caso il diritto di recesso; non era corretto agire per decreto.
Il Consiglio di Stato ha bloccato le ultime trasformazioni “forzose” che stavano per essere fatte (Bari e Sondrio) prorogandone i termini fino al 12 gennaio, ma è scontato che ci sarà un’altra proroga – per le decisioni sui ricorsi dichiarati ammissibili dal Consiglio occorreranno almeno sei mesi – e che così il settore, nel guado, resterà a mezz’aria e le banche coinvolte saranno nell’incertezza gestionale più assoluta.
Per quanto la materia sia noiosa, è bene ricordare periodicamente – quasi fosse un ripasso da studenti – di chi è stata la colpa di questo dissesto.