Il rialzo dei prezzi dello 0,5% dei beni ad alta frequenza di acquisto significherà pagare, in termini di aumento del costo della vita, 76 euro in più su base annua a famiglia. È quanto calcola l’Unione nazionale consumatori, dopo la diffusione dei dati Istat. Una coppia con 1 figlio pagherà nei dodici mesi 72 euro in più, un pensionato con più di 65 anni sborserà 40 euro, 40 euro anche un single con meno di 35 anni, 58 euro una coppia senza figli con meno di 35 anni.



Non paghi, quelli dell’Unc hanno stilato la classifica delle città più e meno care d’Italia. “Sono 5 su 19 le città capoluogo ancora in deflazione. Nonostante fossero 9 nel mese di ottobre, è significativo che la deflazione permanga a Milano e Roma”. Il record della deflazione a Torino, dove l’abbassamento dei prezzi dello 0,2% consente a una famiglia di 4 persone di risparmiare 95 euro su base annua in termini di riduzione del costo della vita. Al secondo posto delle città meno care, Roma, con una deflazione dello 0,2% e una minor spesa annua di 82 euro. Al terzo posto Potenza, dove una tradizionale famiglia di 4 componenti risparmierà 64 euro (-0,2%).



Credo banalmente che chi spende a Torino stia meglio di chi sta in quel di Roma, meglio ancora di chi spende a Potenza; meglissimo del resto degli italici abitanti. Peggio invece stanno quelli che pure gli Industriali hanno infine scorto: Confindustria ha reso noto che il numero dei poveri assoluti risulta pari a 4,6 milioni, in crescita del 157% rispetto al 2007.

Colpa di quei satanassi di “inflazione/deflazione” dunque? Colpa un cacchio, entrambi sono dispositivi del mercato efficiente, idonei a tenere proprio l’equilibrio tra domanda e offerta, solo che…. Solo che la crescita si fa con la spesa, non con la produzione: così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allora allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, remunera.



Così si dovrebbe fare; loro invece fanno cosà: con l’espansione della liquidità monetaria alterano il meccanismo di formazione dei prezzi; alterando il funzionamento di quei dispositivi rendono il mercato opaco e inefficiente, così come il potere d’acquisto. Glielo dite voi a quelli della Bce di smetterla? 

A tal dire, Gary North, con sconcerto prende e domanda: “Quale servizio produttivo deve aver svolto la persona, che esercita la domanda, al punto da ottenere denaro?”. Beh, quella domanda fa il 60% del Pil quindi, per fare la crescita, il domandante viene sottoposto pressappoco a un obbligo. Per il servizio produttivo: con la spesa trasforma la merce in ricchezza, consumando l’acquistato fa riprodurre, dà continuità al ciclo, sostanza alla crescita. Per farlo impiega risorse scarse. Le basta caro Gary?