La pausa natalizia, anche per la stampa cartacea quotidiana, ha consentito a tutti coloro che ne avessero voglia di leggere con attenzione e studiare i dettagli di quello che potrebbe essere chiamato “il decreto dell’antivigilia”, con cui poco prima del Natale lo Stato entra, con la benedizione della Commissione europea, nel capitale del Monte dei Paschi di Siena per salvare, dal fallimento, la più antica banca italiana (anche se presentata come la più antica del mondo, dimenticando che un sistema creditizio, ben regolato, esisteva anche all’epoca dei Sumeri).
Pochi si sono chiesti però chi sono i vincitori e chi i vinti dell’operazione, se, quando e come, Mps ritornerà al mercato e chi paga per i costi dell’operazione. Non è certo la prima volta che per proteggere il risparmio di numerose migliaia di cittadini un Governo si trova costretto a entrare del capitale di istituti di credito. Lo fece la Svezia del 1990; un’operazione analoga, anche se non direttamente ma tramite istituti controllati dallo Stato, lo facemmo noi in Italia nel 1992 per la salvare i “banchi meridionali” proprio alla vigilia dell’entrata in vigore del Trattato di Maastricht che lo avrebbe, se non impedito, almeno reso difficile. Lo fece, soprattutto, il Segretario al Tesoro americano Henry Paulson per limitare i danni della crisi finanziaria del 2008-09; Paulson è sempre stato un liberista convinto proveniente dal mondo bancario di Wall Street, dove è tornato al termine della sua esperienza ministeriale.
Senza dubbio, dato che il mercato (si è parlato anche di un fondo del Qatar) non avrebbe fornito quanto necessario per l’aumento di capitale indispensabile per evitare il fallimento di Mps, l’intervento dello Stato è la misura di ultima istanza non solo per impedire danni a milioni di risparmiatori che hanno avuto fiducia nell’istituto, ma anche per evitare un vasto contagio in Italia e in Europa. Lo dimostrano chiaramente nel saggio “Crisis Transmission in the Global Banking Network” (IMF working paper No. 16/91), in cui Galina Hale (Federal Reserve Board of San Francisco), Tümer Kaplan (Fannie Mae, l’istituto di riassicurazione di mutui edilizi) e Camelia Minoiu (Fmi) studiano la trasmissione degli shock bancari internazionali. Ciò indica che le stesse autorità europee hanno autorizzato un’operazione di aiuti di Stato non solo nell’interesse dell’Italia, ma in quello del più vasto contesto europeo.
D’altronde, già lo scorso giugno, nella sua funzione di autorità di vigilanza, la Banca centrale europea aveva scritto a Mps indicando le misure da prendere per evitare il collasso dell’istituto. Quindi il negoziato tra il ministero dell’Economia e delle Finanze e le autorità europee è stato verosimilmente meno difficile di quanto mostrato sulla stampa. I vincitori sono, in questo contesto, il ministero dell’Economia e delle Finanze, l’attuale management di Mps e, soprattutto, i numerosissimi risparmiatori che temevano di essere i veri e gli unici perdenti di un pasticcio creato da una dirigenza quanto meno incompetente e cooptata secondo criteri di suscitare perplessità (il resto lo vedranno le autorità giudiziarie).
I vinti sono tutti gli italiani che pagano lo scotto di un aumento del deficit di 20 miliardi di euro con le sue inevitabili ripercussioni sul debito pubblico. La teoria del public choice afferma che quando i costi vengono spalmati su 60 milioni di individui e i benefici riguardano un paio di milioni di risparmiatori, i costi individuali pro-capite sui primi sono tali che questi ultimi quasi non se ne accorgono, mentre lo percepiscono – eccome! – coloro che l’avevano vista brutta per i loro risparmi. Questi ultimi sarebbero i vincitori, mentre i primi i vinti.
Si sarebbe potuto evitare? Certo dando maggiore e tempestiva informazione delle nuove regole che si stavano negoziando nei tre anni di trattativa sull’unione bancaria, Ci sono state in quegli anni proposte parlamentari dirette all’utilizzazione di strumenti come la Pubblicità Progresso della Presidenza del Consiglio per avvertire gli italiani di cosa comportava il bail-in e quali fossero i rischi connessi alle obbligazioni subordinate. Non hanno ricevuto alcuna risposta.
Mentre le autorità giudiziarie esamineranno quali pene e penali infliggere agli amministratori che hanno causato forti danni a Mps, a questo secondo gruppo di responsabili non dovrebbe essere più concesso accesso a incarichi pubblici. Non c’è qualcuno che ha “minacciato” di ritirarsi a vita privata in caso di vittoria del No al referendum costituzionale?