Ci ha pensato il portavoce del ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schauble a confermare ieri che il “caso Mps” non è più – ammesso che lo sia mai stato – il dissesto di una grande banca “regionale” dell’eurozona basata in Italia: dal 2008 l’area Euro-19 e la più vasta Eu-28 ha visto di più e di peggio (e non in Italia). Il “caso Mps” è sempre più politico e sempre più fuori Italia piuttosto che a sud delle Alpi.



Schauble di nuovo in versione falco – come nell’estate 2015 contro la Grecia – si sta scaldando i muscoli per la campagna elettorale tedesca: sta ricordando al cancelliere Angela Merkel che il quarto mandato (in rigorosa “grande coalizione” contro gli xenofobi di Afd) non potrà essere conquistato a spese del rigorismo bancario-finanziario che finora è stato il marchio berlinese sull’Europa.



Neppure il presidente della Bundesbank, Jens Weidman, si è scomodato a Santo Stefano solo per contestare i commi del decreto Padoan a sostegno di Mps e di altre banche pericolanti. Lo ha fatto per gettare un po’ di fumo attorno all’allentamento dei vincoli patrimoniali deciso dalla stessa vigilanza Bce per Deutsche Bank, ma soprattutto per ricordare al presidente della Bce, l’italiano Mario Draghi, che il caso Mps sarà utilizzato in tutti i modi contro di lui: che era il capo della vigilanza bancaria in Italia quando Mps commise l’errore fatale di acquistare AntonVeneta.



Schauble e WeidmanN non sono accomunati da alcun astio personale nei confronti di Draghi. La loro opposizione – sempre più dura – al presidente della Bce è politicamente trasparente: avrebbero voluto che Draghi non avesse mai avviato il Quantitative easing monetario nell’area euro, sulle orme della Fed: né che l’espansionismo monetario venisse prorogato oltre il settembre 2016, come invece Draghi è riuscito a ottenere dai governatori dell’euro.

I “tassi zero” – per l’Azienda-Germania – sono un’eresia appena meno grave dell’inflazione: soprattutto in un anno elettorale, quando alle urne andranno anche milioni di pensionati o pensionandi iscritti a fondi previdenziali “annegati” dall’iperliquidità Bce. E se i tassi zero continuano a favorire i paesi con debito pubblico elevato (come ancora l’Italia) le munizioni di euro a disposizione di Draghi vanno tendenzialmente a sostenere in caso di necessità i titoli governativi del paesi deboli dell’euro.

Difficilmente Draghi arretrerà dalla linea del tapering graduale faticosamente ottenuta dal consiglio Bce (forse anche con il silenzio-assenso della Merkel). La svolta Usa, d’altronde, ha visto il nuovo presidente Donald Trump circondarsi di top executive della Goldman Sachs: garantendo a Draghi (ex top executive della Goldman in Europa) una copertura oltre Atlantico forse non del tutto preventivata dopo la sconfitta democratica alle presidenziali.

In mezzo, nel frattempo, c’è l’Italia “del caso Montepaschi”. Certamente non innocente – anzi – per quello che è accaduto a Siena e dintorni negli ultimi dieci anni. Ma non colpevole per quello che è accaduto nelle ultime tre settimane.