Alla fine è arrivato il diktat e Gentiloni e Padoan – che tristezza – hanno chinato la testa rispetto a un ordine che in buona parte non condividevano e per la restante parte non capivano: cancellare dal “Milleproroghe” la proroga, appunto, semestrale alla scadenza originariamente stabilita dalla riforma Renzi per oggi, 31 dicembre, alla trasformazione delle prime dieci banche popolari del Paese in Società per azioni, pena la revoca della licenza bancaria.
Il diktat è arrivato da Renzi in persona, tramite Maria Elena Boschi e Luca Lotti, i suoi due principali collaboratori coinvolti da Gentiloni anche nel nuovo esecutivo con il ruolo di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio la prima, e di ministro dello Sport, ma con la confermata delega per l’editoria, il secondo. Niente proroghe: il termine già spostato al 12 gennaio, quando il Consiglio di Stato si riunirà per il primo ricorso, deve restare lì. A nulla è valso l’intervento particolareggiato in Consiglio dei ministri della neoresponsabile dei rapporti con il Parlamento Anna Finocchiaro, che di mestiere faceva il giudice ed è una fine giurista. Il diktat è arrivato, né Gentiloni né Padoan hanno avuto il coraggio di respingerlo al mittente, e la proroga è saltata.
Che faranno, adesso, la Popolare di Bari e la Popolare di Sondrio che ancora non si sono trasformate in Spa? Pane per i denti dei giuristi, ma a occhio l’opinione prevalente ieri era che i giudizi pendenti hanno in sé il potere di sospendere la decorrenza dei termini impositivi della legge. Non può esserci un conflitto istituzionale di questa portata quando a porre in dubbio la regolarità dei contenuti e del metodo di questa legge scattano non uno ma addirittura due ricorsi. E infatti l’opinione ieri più diffusa tra gli addetti ai lavori era che il termine sarebbe stato prorogato di fatto, perché non si può far diversamente. Il che conferma l’evidenza di un “vizio assurdo” che ha colpito Renzi e i suoi: non solo rottamare, ma farlo anche in aree e zone dove si dovrebbe evitare ogni conflitto.
Un vizio composto da almeno tre ingredienti: ipertrofia dell’ego, tale da far sentire Renzi un gradino sopra Dio; madornale superficialità nella fase di articolazione delle leggi di riforma, che sono state scritte coi piedi: riprova ne sia lo “stop” inferto alla riforma Madia della Pubblica amministrazione sempre dal Consiglio di Stato e la retromarcia sui voucher, abusati oltre ogni decoro dall’imprenditoria, che è stata fatta ormai anche da molti renziani, tutti protesi a scongiurare il referendum promosso dalla Cgil contro il Jobs Act.
Il disastroso copione si ripete sempre uguale: idee di riforma anche accettabili, talvolta valide, ma sventolate come slogan e mai approfondite; articolati di legge affidati a dilettanti allo sbaraglio; inefficacia dei conati, pur spesso imposti a colpi di decreto, leggi abortite o inapplicate o inapplicabili. In particolare sulle riforme delle banche popolari e delle Camere di commercio Renzi ha messo una determinazione nata sostanzialmente – e quindi non certo meritevole di simili esiti – dal pessimo rapporto dell’ex sindaco di Firenze con i vertici di alcune popolari toscane e della Camera di commercio di Firenze. Personalismo senza sostanza.
Cos’accadrà? Verosimilmente la mancata proroga arricchirà un po’ di avvocati, ma non influirà sulle decisioni delle popolari che vogliono attendere l’esito dei giudizi istituzionali in corso. Resta l’amaro in bocca per un governo simulacro, teleguidato dall’esterno, che sul tema delle banche – il più scabroso per Renzi, colpevole personalmente di aver peggiorato e di molti la crisi del Monte dei Paschi – ha perso una buona occasione per sostenere il suo diritto di esistere.
Per la cronaca: un gruppo di parlamentari del centrodestra – Renato Brunetta e Maurizio Gasparri (Forza Italia), Gian Marco Centinaio (Lega Nord), Gaetano Quagliariello (Idea), Cinzia Bonfrisco (Conservatori e Riformisti), Rocco Buttiglione e Antonio De Poli (Udc), Mario Mauro (Popolari per l’Italia) – hanno mandato ieri una lettera in cui si dicono molto preoccupati per “la ‘continuità’” di Gentiloni verso Renzi, e denunciano “che sulle banche italiane continua a danneggiare i risparmiatori. Se a Monte Paschi servono i soldi dello Stato per stare in piedi, alle Banche Popolari del territorio servono solo buone leggi, ispirate al ‘giusto e al necessario’”.
Infine, Pippo Civati – tra i più noti leader della sinistra anti-Renziana – ha diramato una nota per chiedere una commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche: “Ormai più di un anno fa l’ex premier Renzi, dal palco della Leopolda, aveva promesso una commissione”, ricorda Civati: “È stata una delle tante promesse disattese che ora però il nuovo Governo non può continuare a ignorare”.