Oggi non si vota solo in Italia sulla riforma costituzionale, ma anche in Austria per eleggere il Presidente della Repubblica. Si tratta di una sorta di “antipasto” delle elezioni che si terranno l’anno prossimo (Francia, Germania, Olanda) e che saranno cruciali per il futuro di un’Europa sempre più “traballante”. Anche per questo Claudio Borghi Aquilini e Alberto Bagnai hanno presentato mercoledì al Parlamento europeo di Bruxelles uno studio dal titolo “Who’s next?”, grazie al quale è possibile vedere quali paesi dell’Unione avrebbero convenienza e semplicità a uscirne. Tra l’altro il manuale “Basta euro” del responsabile economico della Lega Nord è stato tradotto in francese, perché trovato molto interessante dal Front National in vista della campagna elettorale. È proprio Borghi Aquilini a spiegarci che «rispetto alle analisi già fatte, circa la convenienza o meno a uscire dall’Ue e dall’euro, stavolta abbiamo aggiunto una valutazione sulla semplicità, quindi la fattibilità tecnica, di questa uscita».



Prima di parlare delle conclusioni di questo studio, ci può dire come è stato accolto proprio in una delle istituzioni simbolo dell’Ue?

Il pubblico è stato estremamente interessato, anche perché in un ambiente come quello del Parlamento europeo, dove le alleanze transnazionali sono il pane quotidiano, può essere utile cercare di capire quali sono le nazioni che sono allineate in termini di interessi sulla possibile uscita dall’Ue e quale può essere l’effetto di modificare determinati parametri, come per esempio i contributi che vanno a questo o a quel Paese.



E quale sarebbe il Paese con la più alta convenienza a uscire dall’Ue?

Dallo studio emerge che il Paese che ha più convenienza a uscire è, non a caso, la Gran Bretagna. A seguire abbiamo visto che c’è la Francia. Può quindi immaginare con quanto interesse il Front National abbia recepito i risultati del nostro studio. 

E l’Italia dove si posiziona?

L’Italia risulta dalla parte dei paesi che hanno più convenienza a uscire. Quelli che hanno sia convenienza che semplicità sono in sequenza Gran Bretagna, Francia, Svezia e Italia. Anche l’Austria è nella stessa nostra area. Tra i paesi che non hanno convenienza c’è invece l’Ungheria, perché riceve soldi dall’Ue e quindi si capisce anche perché, pur avendo degli atteggiamenti simili ai nostri, Orban si guardi bene dal proporre l’uscita del suo Paese dall’Unione europea. È chiaro che nel momento in cui il Paese dovesse diventare “contributore netto”, anziché ricevitore, probabilmente vorrebbe uscirne. 



E la Germania?

La Germania avrebbe molta semplicità a uscire, ma non ha convenienza. Questo perché la sua moneta si rivaluterebbe. 

Considerando gli appuntamenti elettorali dei prossimi giorni e mesi possiamo dire che l’Europa traballa per davvero, e non solo nelle aule dei convegni o sulle pagine di libri e ricerche…

Sì e questa è una della ragioni per cui le cose già da noi dette tempo addietro stanno riscuotendo un rinnovato interesse. Il doppio appuntamento con il nostro referendum e le elezioni in Austria è sicuramente importante da questo punto di vista, ma ovviamente il culmine è rappresentato dalle elezioni francesi. Mi vien da dire che sarà l’ennesima volta in cui la Francia si ritrova a essere punto cardine della storia dell’Europa.

Il voto italiano sulla riforma costituzionale può realmente avere conseguenze a livello europeo?

Potrebbe avere conseguenze per un motivo molto semplice: Renzi rappresenta uno dei governi più euristi esistenti in questo momento. Non dimentichiamo che a seguito delle elezioni europee, che avevano fatto registrare la fortissima avanzata delle forze euroscettiche, questo “problemino” per l’establishment è stato messo sotto il tappeto grazie alla vittoria del Pd in Italia, che ha consentito a Merkel e co di poter fare una grande coalizione tra Ppe e Pse, così da poter andare avanti come se nulla fosse successo. Far venire meno un Governo totalmente asservito all’Europa come quello di Renzi potrebbe essere un importante passo avanti.

 

Parla di Governo asservito all’Europa, ma Renzi ha detto che dopo il referendum chiederà alle Camere di poter porre il veto al bilancio dell’Ue…

Voglio proprio vederlo. A me basta ricordare che la “finta battaglia” portata avanti finora da Renzi contro l’Ue è su un misero 0,1% di Pil, la qual cosa significa che il nostro Premier sta rispettando le richieste europee alla perfezione. La verità vera è che con il No non ci sarà l’ingresso in grande stile dell’Ue in Costituzione e dal punto di vista dell’Ue questo è quello che conta. 

 

(Lorenzo Torrisi)

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