Il Qe andrà avanti oltre la scadenza del marzo 2017, per occupare tutto il prossimo anno. Ma a partire da aprile, il ritmo degli acquisti che l’Eurotower affida alle Banche centrali nazionali scenderà da 80 a 60 miliardi al mese. Ma non parliamo di “tapering”, cioè di un processo di riduzione progressiva degli interventi fino a zero. “Non ne abbiamo discusso”, precisa Mario Draghi. Ma nel comunicato è spiegato che il programma andrà avanti fino alla fine 2017 e oltre se necessario. E questo significa che è open ended. Ovvero, se necessario, si potrà continuare così, con gli acquisti concordati o, se necessario, aumentarli di nuovo. Com’è necessario, perché la stagione dell’incertezza non è certo finita.
Si è chiuso così l’ultimo attesissimo vertice del 2016 della Banca centrale europea. Era previsto uno scontro tra le colombe, cui premeva confermare la prosecuzione degli acquisti oltre la scadenza di marzo per almeno sei messi, e i falchi, al solito capitanati dal presidente della Bundesbank Jens Weidmann, convinto che il Qe da inutile che era stia diventando sempre più dannoso. A prima vista il duello è finito pari: il Qe proseguirà oltre marzo ma a un ritmo più contenuto. Dalla conferenza stampa è invece emerso che Draghi ha avuto la meglio: il Qe, da misura a tempo, si trasforma in una presenza stabile dell’arsenale della Bce; il calo degli acquisti, giustificato dalla reazione più composta del previsto dei mercati alle novità geopolitiche di questi mesi e al trend, degno di conferma, dell’aumento dei prezzi del petrolio, va inquadrato in una strategia “flessibile”. La ripresa, insomma, è più forte, ma i mercati hanno prontamente recepito la lettura ufficiale: Piazza Affari, dopo un iniziale sconcerto, ha ripreso la via della salita, davanti agli altri mercati. L’euro, al contrario, dopo un balzo all’insù è scivolato al ribasso sul dollaro, mentre sale al 2% il rendimento del Btp decennale (ma più per effetto della retrocessione di Moody’s che per le scelte di Francoforte).
È dunque passata “a maggioranza” la linea del banchiere italiano: la Bce prende atto che la ripresa s’avvicina, ma ci sono troppi pericoli in giro per “chiudere i rubinetti”. Meglio attendere che la situazione si consolidi, prima di cambiare. Nell’interesse generale, non solo dell’Italia che, ha detto Draghi, non gode di un trattamento di favore. Vale per la politica monetaria così come per le banche. Draghi ha girato alla Vigilanza europea le domande su Monte Paschi e gli altri istituti italiani, ma ha aggiunto che il Governo è in condizioni di far fronte alla situazione. Né la crisi di governo o le elezioni in Germania, Francia e nella stessa Italia spaventano mister euro: in questa situazione, ha aggiunto Draghi,”francamente non vediamo rischi per l’eurozona”. “Ciascun Paese – ha continuato – ha vulnerabilità diverse, ma sia il contesto macroeconomico rispetto a cinque anni fa, quando avevamo un contagio, sia i mercati finanziari e gli intermediari sono più resistenti e forti. Questi problemi, anche se importanti e che devono trovare urgentemente una soluzione, restano limitati ai singoli Paesi”. Non siamo di fronte a una crisi generale come nel 2012, ma a un fenomeno cui possiamo e dobbiamo far fronte in via di miglioramento.
L’economia “crescerà in modo moderato ma solido”, ha aggiunto il Presidente citando le previsioni di Francoforte. La Bce ha confermato la crescita dell’Eurozona all’1,7% nel 2016 e rialzato le sue stime per il 2017 da 1,6% a 1,7%. A seguire, nel 2018 la crescita sarà dell’1,6% e per la prima volta la Bce prevede una crescita all’1,6% nel 2019. Quanto ai prezzi, la Bce vede un’inflazione nell’Eurozona dello 0,2% nel 2016, dell’1,3% nel 2017 e dell’1,5% nel 2018 e dell’1,7% nel 2019.
Guai ad abbassare la guardia. Ma non si può guardare con un certo ottimismo alla congiuntura, compreso l’aumento dei tassi Usa che tra una settimana verrà votato dalla Federal Reserve da cui dovrebbe scaturire una nuova accelerazione dell’export europeo negli Usa, stimolato dall’aumento della domanda a stelle e strisce. Almeno sul piano economico la congiuntura europea è in discesa. I problemi, emergenza immigrazione in testa, stanno altrove.