«Il vero problema non è che il rapporto deficit/Pil dell’Italia potrebbe passare dal 2,4% al 2,6% o 2,7%, bensì che non si affrontano i problemi strutturali dell’Europa alla cui origine c’è la mancata volontà di individuare una diversa disciplina dei mercati finanziari». Lo osserva Paolo Cirino Pomicino, ex ministro della Funzione Pubblica, del Bilancio e della Programmazione economica. Ieri la Banca d’Italia ha reso noto che alla fine di dicembre 2015 il debito pubblico italiano si è attestato a 2.169,9 miliardi, crescendo di 33,8 miliardi rispetto alla fine del 2014, quando era pari a 2.136 miliardi con un rapporto debito/Pil del 132,4%. Confrontando invece i mesi di novembre e dicembre 2015, il debito registra un calo di 42,1 miliardi di euro. Domenica il viceministro Enrico Zanetti aveva affermato che è “prematuro” parlare di una nuova manovra correttiva, anche se “non è escluso che possano essere necessari piccoli aggiustamenti”. Secondo i dati Istat, nel corso del 2015 il Pil è cresciuto dello 0,7%, anziché dello 0,9% come previsto dal governo. Zanetti però ha spiegato: “Una crescita dello 0,7% è il livello previsto nel Def di aprile, nell’aggiornamento c’erano stati i presupposti per poter fare un po’ meglio. Siamo tornati alle previsioni precedenti. Questo non esclude che possano essere necessari piccoli aggiustamenti ma proprio perché piccoli senza sconquassi per i nostri cittadini”.
Cirino Pomicino, il debito pubblico registra un nuovo incremento anche nel corso del 2015 …
Il debito pubblico italiano continua a crescere in termini di valore assoluto. A volte poi si riduce sul piano del rapporto debito/Pil, perché se ieri eravamo a una crescita negativa oggi siamo al +0,7%. Il rapporto debito/Pil si può ridurre di qualche decimale, ma il valore relativo è un conto, il valore assoluto del debito è un altro. È vero che il rapporto debito/Pil garantisce la sostenibilità, ma non all’infinito. Il valore assoluto, e quindi la massa di interessi che noi paghiamo, si è triplicata in 20 anni. Naturalmente nello stesso periodo il rapporto debito/Pil è aumentato del 35%.
Il Pil, anziché aumentare dello 0,9% come previsto dal governo, è cresciuto dello 0,7%. Anche questo contribuisce a rendere i conti meno sostenibili?
Rispetto allo scorso anno il denominatore del rapporto debito/Pil era negativo. Oggi, ancorché minore delle previsioni, è sempre pari al +0,7%. Quindi certamente il rapporto debito/Pil migliora parzialmente, ma questi sono fatti “cosmetici” che riguardano il rapporto tra numeratore e denominatore. Il denominatore, cioè il Pil, negli ultimi 20 anni è cresciuto poco, con una performance che negli ultimi anni è stata addirittura negativa. Nello stesso tempo il numeratore, che è il debito, si è triplicato.
Per il viceministro Zanetti, è “prematuro” parlare di una manovra correttiva, eppure “non è escluso che possano essere necessari piccoli aggiustamenti”. Che cosa ci dobbiamo aspettare?
Non lo venga a chiedere a me. Il viceministro all’Economia, Enrico Zanetti, dovrebbe parlare in modo meno ermetico.
Tenuto conto che il governo sta facendo una politica in deficit e che non ci saranno le entrate per la Tasi, quali saranno le conseguenze?
In conseguenza di questo scostamento della crescita dello 0,1-0,2%, il rapporto deficit/Pil anziché del 2,4% potrebbe essere del 2,6% o 2,7%. Tenuto presente che altri Paesi dell’Eurozona sono ben oltre il 3%, non sarà questo un problema. La vera questione che non si affronta sono i problemi strutturali dell’Europa. E questi problemi nascono dalla mancata volontà di individuare una diversa disciplina dei mercati finanziari.
(Pietro Vernizzi)