La Grecia, un Paese in guerra con se stesso. Scorrere le prime pagine dei quotidiani, stampati ed elettronici, equivale a camminare sull’orlo di un dirupo. Fiumane di profughi sbarcano al Pireo (in tre giorni sono arrivati in novemila). La portavoce del governo non ha saputo fornire il numero di migranti sbarcati sul suolo ellenico dal 2015. Amnesty International parla di 815 mila, altre fonti di mezzo milione. Molti di loro partono per il confine settentrionale, ma si fermano a metà strada, bloccati dai trattori che impediscono la circolazione sull’autostrada Atene-Salonicco, altri ancora si disperdono per le piazze di Atene. Alla richiesta del presidente dei socialisti di un vertice, alla presenza del Presidente della Repubblica, sul problema dei migranti, il governo ha risposto di no. A Vienna durante il vertice dei Paesi balcanici si decideranno le sorti della Grecia, che non è stata invitata.
Parlamentari “syrizei” sono oggetti di violente contestazioni (“venduti!” edaltre espressioni poco simpatiche, e poi ancora minacce “Se voti la riforma non presentarti da queste parti”) da parte degli agricoltori che hanno adottato la linea dura della lotta a oltranza, dopo il loro incontro con il primo ministro. La frontiera con la Bulgaria è bloccata dai trattori. A breve, i manifestanti verranno o precettati o perseguiti per intralcio alla circolazione e saranno costretti a ritornare nei campi: è l’ultima carta del governo per smembrare i blocchi stradali e riaprire la viabilità nazionale. Un gruppo di anarchici ha interrotto il telegiornale delle 21 del canale statale Ert. Tre giornalisti sono stati arrestati con l’accusa di aver ricattato società allo scopo di ottenere finanziamenti pubblicitari. Il neo-nazista che ha ucciso un giovane cantante è stato scarcerato per decorrenza dei termini. Una donna affitta un elicottero e costringe il pilota a volare sulla prigione per aiutare a evadere il suo compagno terrorista. Operazione fallita.
Secondo un sondaggio, per la maggioranza dei greci è l’Europa che ha beneficiato dell’ingresso della Grecia nella zona Euro, e non viceversa. La Turchia avanza pretese territoriali sull’est Egeo, nell’ambito delle operazioni navali della Nato, che Atene non può accettare. E quindi per il momento l’azione di controllo della Nato è sospesa fino a nuovo ordine. “Il mare non ha confini” dichiarò Tsipras, fino a quando gli europei non gli hanno ricordato che le isole elleniche dell’Egeo sono i confini sud-orientali dell’Europa.
Le casse pensione registrano un “buco” di 15 miliardi per contributi non versati. Tsakalotos, il ministro delle Finanze, si scaglia contro il Fmi opponendosi alla richiesta di un taglio alle pensioni. Yanis Varoufakis ha dichiarato di essere orgoglioso per aver registrato tutte le riunioni dell’Eurogruppo. Registrazioni che sicuramente dovrebbero garantirgli un futuro tranquillo. Il suo ex portavoce rivela invece che fu costretto a dimettersi dopo il referendum che lui e Tsipras speravano di perdere e poi dimettersi con dignità. Se poi, a maggior pena, si ascoltano i dibattiti televisivi mattutini – seguiti da addetti stampa, giornalisti e coscienti “masochisti” – ci si accorge che molti politici non hanno alcun senso della realtà e non sanno valutare la situazione politica e sociale che ormai ha sconfinato nella paralisi della schizofrenia. Proposte concrete nessuna, accuse reciproche tante.
In questo marasma sociale e politico, Atene sta aspettando l’arrivo, non si sa quando, della Troika per riavviare le trattative e le discussioni sulle riforme in programma. Aspetta proposte inviate da Atene. Poi seguirà valutazione, anche questa in data da destinarsi. Proposte che tardano ad arrivare per la semplice ragione che il governo è paralizzato e vittima della sua stessa strategia politica. La “incertezza creativa” (copyright Varoufakis) non ha prodotto i risultati sperati. E in questa situazione di stallo nulla vieta di pensare al peggio. La massa di rifugiati e migranti che premono sulla frontiera del nord possono trasformarsi in una tragedia nazionale.