Migliora la fiducia delle imprese, peggiora quella dei consumatori. È quanto emerge dagli ultimi dati Istat, secondo cui a febbraio l’indice di fiducia dei consumatori è passato da 118,6 a 114,5. La fiducia delle imprese invece aumenta da 101,4 a 103,1. Nel frattempo il fatturato totale dell’industria italiana, corretto per gli effetti di calendario, tra dicembre 2014 e dicembre 2015 registra un -3%, con un calo del 2,7% sul mercato interno e del 3,2% su quello estero. Rispetto a dicembre 2014, gli ordinativi crescono invece dell’1,5%. Ne abbiamo parlato con Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison.
Professore, partiamo dai dati sul fatturato dell’industria. Perché a dicembre ha registrato un segno negativo?
Tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016, Eurozona e Stati Uniti stanno registrando un rallentamento dell’attività economica derivante dalle turbolenze internazionali. Mi riferisco in particolare al rallentamento dei Paesi emergenti, alla crisi del prezzo del petrolio, alle oscillazioni delle Borse che sembrano essere collegate sempre più direttamente all’andamento del greggio. Il clima è molto pesante e anche l’Italia ne risente.
Quali sono gli effetti più vistosi sulla nostra economia?
A risentirne sono soprattutto le esportazioni, che tutto sommato stanno ancora andando discretamente, ma che hanno comunque registrato un rallentamento. Di questo hanno sofferto tanto fatturato quanto ordinativi. Se invece di vedere il solo dato di dicembre prendiamo in considerazione la media del 2015, su base annua c’è stato un incremento del fatturato che, al netto del crollo del prezzo dei prodotti energetici, è cresciuto dell’1,8% e non dello 0,2% che risulta dal dato complessivo. Gli ordinativi d’altra parte hanno subito un’accelerazione molto forte perché su base annua sono aumentati di oltre il 5%.
Lei come si spiega che aumenti la fiducia delle imprese e diminuisca quella dei consumatori?
Il segnale che viene da tutta l’economia mondiale è un rallentamento della fiducia sia dei consumatori, sia delle imprese. In Italia a febbraio la fiducia dei consumatori diminuisce da 118,6 a 114,5, anche se rimane sui valori più alti dal 2001 a oggi. L’indice delle imprese migliora parzialmente, con una performance addirittura migliore rispetto all’indice tedesco (Ifo). A febbraio l’Ifo è crollato perché le imprese tedesche sono più legate all’export e quindi sono ancora più pessimiste di quelle italiane.
Per l’Fmi, “la ripresa globale si è ulteriormente indebolita a fronte di un aumento delle turbolenze finanziarie e di un calo dei prezzi degli asset”. L’Italia ne risentirà nel corso del 2016?
L’Italia non può certo sfuggire alle influenze internazionali. Renzi ha parlato di una possibile revisione dei tassi di crescita del Pil per cercare di tenere conto dei cambiamenti in atto, che tuttavia non dovrebbero influire più di tanto sullo scenario che noi ci attendiamo per il 2016. L’Italia ha una fame arretrata di crescita in quanto i consumi sono stati compressi in modo irrazionale per tre anni durante il periodo dell’austerità. La fiducia dei consumatori, se rimane su questi livelli alti, è un propellente che può aiutare l’Italia più di altri Paesi come Germania e Francia.
Lei quindi esclude che le difficoltà internazionali possano fare saltare i conti pubblici dell’Italia?
Assolutamente sì. Nel fare i suoi conti, il ministro Padoan ha tenuto conto di tutti i possibili cambiamenti di scenario. Nell’ultimo trimestre 2015 il debito pubblico italiano è cresciuto dell’1,6% rispetto all’ultimo trimestre 2014. Su base trimestrale tendenziale, è la più bassa crescita del debito pubblico da anni. Nell’ultimo trimestre 2012, sotto il governo Monti, la crescita tendenziale del debito è stata del 4,1%. Nell’ultimo trimestre 2013, sotto il governo Letta, il debito ha registrato ancora il +4,1%. Con la gestione Padoan abbiamo avuto quindi una riduzione molto significativa del tasso di crescita tendenziale del debito. Nel frattempo c’è stata anche una ripresa del Pil, che invece sotto Monti e Letta era calato.
Quali novità dobbiamo attenderci dalla Commissione Ue?
Oggi usciranno i risultati dell’indagine della Commissione Ue sugli squilibri macroeconomici. L’Europa rileverà che il nostro rapporto debito/Pil è ancora sopra al 60%, il tasso di disoccupazione è sopra al 10%, e che non siamo abbastanza competitivi perché la nostra quota dell’export mondiale si è ridotta rispetto a cinque anni fa. Anche se si potrebbe rispondere che l’Italia ha un avanzo commerciale con l’estero di 45 miliardi di euro.
(Pietro Vernizzi)