Come noto, il Presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, è stato in visita istituzionale nel nostro Paese. L’incontro col Premier Matteo Renzi e la conferenza stampa che ne è seguita hanno mandato all’opinione pubblica messaggi per certi versi inediti: “L’Italia usa bene la flessibilità, non siamo tecnocrati a favore della sciocca austerity. Abbiamo ampie vedute comuni. Dal 2011 l’Italia ha mantenuto una condotta esemplare. Se tutti avessero fatto come voi, oggi i problemi europei sarebbero minori. Così come lo sarebbero se tutti applicassero le decisioni della Commissione, ma su questo tema non mollo. Di certo l’Italia non è un problema per l’Europa”.
Secondo la narrazione dominante, Juncker sta bluffando. L’Europa in realtà starebbe sempre più silenziando la voce dell’Italia e del suo Premier e anche il caso Wikileaks-Berlusconi di questi giorni sarebbe un segnale: in soldoni, “ciò che abbiamo fatto con lui, possiamo fare anche con te”.
A parere di chi scrive, le cose sono un po’ diverse. Come riportato tempo addietro su queste pagine, Renzi ha aperto una discussione in Europa certamente non gradita a Juncker e a Angela Merkel, ma all’establishment europeo è chiaro che il Premier italiano non è un interlocutore che può essere facilmente silenziato. Iniziamo col dire che Renzi in Italia ha un consenso tale – non solo in Parlamento – che, se mai l’Europa dovesse reagire in contropiede, in Italia non sarà delegittimato (come invece è successo a Berlusconi). Qualcuno dice che il Premier-Segretario non governa il partito; sarebbe interessante capire, a questo proposito, quanto vale la dissidenza interna: di Civati e compagni, una volta usciti dal Pd, si sono perse le tracce.
Il Grexit è stato uno spartiacque importante e Renzi ha approfittato del momento per dire all’Europa che il rigore dei conti di per sé non porta da nessuna parte, ma va inquadrato in un’ottica di sviluppo; deve cioè essere al servizio della crescita: questa è la flessibilità che Renzi chiede e che è già stata concessa alla Spagna che, tra l’altro, è tra i paesi con i numeri più interessanti (Pil +3,2% nell’ultimo anno). Juncker da mesi va dicendo che è stato lui per primo a parlare di flessibilità, ma – come dice Pietro Ichino – “bene che litighino per contendersi la paternità dell’idea”.
Il position paper è il documento con cui l’Italia – circa una settimana fa – ha presentato delle proposte all’Ue, in un’ottica di nuova politica economica. Questi i punti salienti:
1) L’Italia propone che il Fondo salva-Stati si trasformi in un “Fondo monetario europeo”, sfruttando al massimo i benefici del meccanismo e mantenendone allo stesso tempo le funzioni di protezione. Anche per questo l’esecutivo dà anche l’ok alla creazione di un superministro delle finanze dell’Eurozona, in grado di gestire un budget con risorse adeguate.
2) Il position paper sottolinea come “l’eccesso di surplus nei conti pubblici siano dannoso tanto quanto l’eccesso di deficit” e insistendo affinché l’avanzo di bilancio sia investito a sostegno della crescita creando un” situazione favorevole per tutti”.
3) Si chiedono inoltre il perfezionamento degli automatismi dell’unione bancaria per garantire efficienza e stabilità finanziaria al sistema e l’instaurazione di un meccanismo che mitighi la disoccupazione ciclica rafforzando “la dimensione sociale dell’Europa”.
Si possono, e si devono, discutere le proposte di merito che il Governo sta facendo all’Europa. Ma sono molti i fattori che fanno pensare che la narrazione dominante sia, al solito, molto riduttiva.
Twitter @sabella_thinkin