«L’intervento del Governatore a Torino è stato importante. E anche i provvedimenti che il governo sta mettendo a punto per la gestione delle sofferenze bancarie in Italia hanno molta sostanza». Miro Fiordi, amministratore delegato del Credito Valtellinese e vicepresidente dell’Abi, è tornato dal convegno Forex «con più chiarezza» sugli scenari e sulle sfide che attendono il sistema bancario italiano nel 2016: e in questa fase – lascia capire – ogni punto fermo equivale a punti di fiducia in più.
Cosa ha colpito di più la platea dei banchieri, sabato, dell’intervento di Ignazio Visco?
La ricostruzione del lavoro della Vigilanza è stata puntuale: in particolare riguardo la fase cruciale delle risoluzioni che hanno interessato quattro banche italiane lo scorso novembre. È stato un passaggio difficile per tutti: per il Tesoro, per la Banca d’Italia, per tutti i gruppi che hanno sostenuto finanziariamente le risoluzioni, per le banche risolte, i loro azionisti, dipendenti e clienti. Ed è stato comprensibile che nelle ultime settimane il clima d’opinione attorno alle vicende sia stato altrettanto difficile. Quello che non è assolutamente corretto è addossare alla vigilanza la responsabilità di quanto accaduto: anche in una città attentamente vigilata dalle forze dell’ordine i reati non sono mai a zero.
Il Governatore ha lanciato in direzione dell’Europa una richiesta forte di revisione della normativa bail-in….
È stato un appello chiaro e certamente condivisibile. La direttiva BRRD è stata varata a oltre quattro anni dalla sua messa in cantiere. La sua elaborazione ha attraversato quindi un arco di tempo lungo e complesso nel percorso di uscita dalla crisi scoppiata nel 2007-2008. Mai come in questo frangente è giustificata la cautela nel gestire la first time adoption di un provvedimento che cambia l’ambiente regolamentare di migliaia di banche in un continente. e sbaglia chi pensa che Visco abbia parlato affrettatamente in difesa delle sue banche vigilate. Se al primo test il bail-in ha presentato aspetti problematici e migliorabili commetterebbe un errore l’Europa a non tenerne conto.
Una settimana fa il ministro dell’Economia Padoan ha raggiunto con l’Antitrust Ue un accordo sulla cosiddetta “bad bank” italiana per gestire 200 miliardi di sofferenze creditizie: quale è la sua valutazione?
È molto positivo che il governo italiano si sia seduto al tavolo della commissione Ue negoziando un’intesa operativa su un dossier del massimo livello come quello bancario. E ci auguriamo che sia solo il primo passo di una nuova fase di concretezza e di autorevolezza dell’Italia a Bruxelles. Nel merito tecnico, la soluzione identificata può rivelarsi efficace se – come prevede l’agenda dell’esecutivo – verranno varate a breve nuovi provvedimenti sui tempi delle procedure concorsuali e quindi sulla valutazione dei crediti da conferire ai veicoli.
Creval non ha atteso l’opportunità dei veicoli per gestire attivamente i suoi bad loans…
Abbiamo perfezionato ieri la prevista cessione a Fonspa di 314 milioni di sofferenze. Il portafoglio costituisce l’11% circa delle sofferenze lorde al 30 settembre 2015 e il 6% del totale dei crediti deteriorati lordi del gruppo Creval. È la più importante operazione cessione di non performing loans, coerente con gli obiettivi strategici del nostro gruppo su questo fronte. E non avrà effetti significativi sull’esercizio in corso.
Utilizzerete ora lo schema “Gacs” al centro dell’accordo Tesoro-Ue?
Confermo che il Gacs offre un’opportunità a tutte le banche italiane: quindi anche per nostri futuri percorsi di cessione di attivi problematici. Però mi preme sottolineare che il nodo-sofferenze – all’interno dell’intera “questione bancaria” italiana – non può essere ridotto alle tecnicalità o ai confronti istituzionali. Personalmente continuo a vedere nell’opinione pubblica nazionale un atteggiamento non del tutto consapevole.
Quale?
In meno di dieci anni il Pil italiano è calato dell’11%. Dove si poteva scaricare quest’onda d’urto epocale se non sui conti di un sistema bancario ancora decisivo nel finanziare le imprese e le famiglie? Le banche non sono macchine perfette: non lo sono state a Wall Street, possono non esserle state nella gestione del credito in Europa e in Italia. Ma quando sento accuse generalizzate mi pare venga pesantemente sottovalutata la più dura fase recessiva della storia italiana recente. E le fratture interne non fanno bene al sistema-Paese: in questo momento ci vuole più gioco di squadra e non vuol essere per niente una frase fatta. Istituzioni, imprese, società devono cooperare di più.
A margine del Forex il consolidamento del sistema bancario domestico è stato al centro di colloqui e riflessi giornalistici. Qual è la situazione sul terreno delle aggregazioni, soprattutto fra le Popolari?
Ai vertici di maggiori gruppi del Paese è chiaro che il 2016 sarà un anno estremamente importante: di cambiamento, di svolta. Anche al Credito Valtellinese ci siamo dati una tabella di marcia: dopo l’assemblea annuale di primavera – chiamata anche a rinnovare il consiglio d’amministrazione – passeremo alla fase operativa delle nostre riflessioni strategiche. Che sono naturalmente già iniziate, così come presso tutte le Popolari interessate dalla riforma.
Al Forex il direttore generale della Popolare di Sondrio, Mario Alberto Pedranzini, ha risposto con una battuta alla domanda di un giornalista: “A Vandelli piace la Valtellina, a Fiordi l’Emilia, io dovrei dire che mi piace il mare”…
L’ho letto e mi ha fatto piacere che l’amico Pedranzini abbia confermato che il suo istituto si accinge a valutare responsabilmente tutto in un’ottica di aggregazione anche prima della trasformazione in Spa. È esattamente l’atteggiamento di partenza che abbiamo noi al Creval e l’abbiamo detto più volte. Non è neppure un mistero che le nostre ipotesi di studio a tutto campo abbiano messo a fuoco anche la Popolare dell’Emilia Romagna: se anche l’amico Vandelli ha fatto lo stesso con il Creval non può che farmi ulteriormente piacere. Vedremo. Una cosa è certa: stiamo tutti lavorando a fondo perché le Popolari italiane, tutte, escano più forti. Si rinnovino, ma non perdano la loro capacità di fare da baricentro finanziario ai distretti che sostengono Pil, occupazione, risparmio e credito nel Paese.
(Antonio Quaglio)