«Le battaglie di Renzi contro le rigidità dell’Europa non produrranno mai veri risultati finché il governo non metterà mano a una riforma in grado di rendere più efficiente la macchina pubblica. Se vogliamo risparmiare, la prima mossa è investire». A rimarcarlo è Gustavo Piga, professore di economia politica all’Università Tor Vergata di Roma. Lunedì il presidente del consiglio, Matteo Renzi, è tornato a polemizzare con Bruxelles sulla questione dei migranti: “Noi pensiamo che tutti i migranti siano uguali. Pensare di considerare in modo diverso le spese per salvare i bimbi eritrei mi sembra assurdo, solo una perversione burocratica. Ma noi, nonostante i professionisti della polemica provino a rilanciare ancora da Bruxelles come se ci fossero vite di serie A e di serie B non cadiamo in provocazioni”. Il governo chiede che la spesa per i migranti pari a 3,3 miliardi di euro, cioé allo 0,2% di Pil, sia scomputata dal patto di stabilità. A questo proposito ieri Manfred Weber, Presidente dei deputati europei, ha detto che “la Commissione europea negli ultimi anni ha dato massima flessibilità. Ma ora anche i commissari socialisti, penso a Moscovici, constatano che non ci sono più ulteriori margini per maggiore flessibilità”.



Perché Renzi continua ad alimentare lo scontro con l’Ue per uno 0,2% di Pil?

È un modo per aprire il Vaso di Pandora, nel senso che una volta portato a casa questo risultato si crea un precedente e quindi in altre situazioni di difficoltà Renzi potrà farvi appello. I Paesi europei che insistono di più sul rigore, spesso stupidamente, fanno resistenza su questa battaglia perché sanno che l’oggetto del contendere non sono specificamente i 3,3 miliardi, bensì la flessibilità e la definizione del Fiscal compact.



A livello pratico che cosa cambierebbe se l’Ue dicesse no?

Già la tensione è sufficientemente alta e non credo che l’Europa voglia alzarla ancora di più. Rimane il problema delle quantità in gioco: lo 0,2% di Pil è assolutamente irrilevante per fare ripartire il Paese e l’Europa stessa. Mario Draghi d’altra parte continua a dire che la politica monetaria ci salverà, e in questo sbaglia perché la politica monetaria non può fare altro che contenere i danni. Per salvarci abbiamo bisogno di ben altro: serve una politica fiscale espansiva, e non meno restrittiva.

C’è il rischio che la grande battaglia di Renzi produca risultati modesti, come sulla bad bank?



Questo è inevitabile, almeno finché Renzi non capisce che il vero tema è quello della spending review. Dopo il rapporto della Guardia di finanza sul mondo degli appalti, non c’è stata nessuna risposta del governo su come intende gestire quest’enorme massa pari al 15% del Pil. Il Jobs Act nella Pubblica amministrazione non parte, e lo stesso vale per una riqualificazione del mondo dell’università. Ci sono tantissime riforme che ci si aspetta per quanto riguarda la Pa in termini di qualità, e invece continuiamo a perdere tempo. L’Ue se ne accorge e ce lo fa pagare.

Giovedì la Commissione Ue pubblicherà le previsioni economiche. E se arrivasse una bocciatura implicita delle richieste dell’Italia?

Queste sono bazzecole, il vero tema è la ripresa della crescita in un ambiente in cui non c’è domanda da parte del settore privato. Occorre rilanciare investimenti pubblici in tutto il continente, senza fare piani assurdi come quello di Juncker, bensì procedendo con appalti à gogo su tutto il territorio. L’Italia deve dimostrare di saper fare appalti, e quindi Renzi deve prendere in mano la macchina che li realizza. Quest’ultima equivale al 30% delle risorse a disposizione del governo, cui si aggiunge un 20% rappresentato dagli stipendi.

 

In che modo è possibile riformare la macchina degli appalti?

Veniamo da sette-otto anni in cui gli stipendi pubblici sono bloccati, come pure le assunzioni dei migliori laureati, mentre restano soltanto i lavoratori anziani. La conseguenza è una Pa che non sa fare appalti. Per essere bravi in un lavoro bisogna farlo per tutta la vita. Dobbiamo quindi parlare di carriere professionali dentro al mondo degli appalti.

 

Questo però vuol dire spendere di pi …

Pagare uno stipendio elevato a un bravo manager degli appalti è una goccia rispetto a quanto quest’ultimo ci può portare in più in termini di risparmio e di qualità. De resto non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca: se si vuole una Pa che funziona bisogna spendere. Se non spendi per le persone brave, non otterrai mai nulla. Il governo è terrorizzato dall’idea di spendere una lira in più, perché ha paura di essere ripreso dall’Ue. Se invece si spende per una Pa che funziona, si generano tagli di sprechi consentendo così la stabilità delle finanze pubbliche.

 

(Pietro Vernizzi)