«Tirando la corda sul debito Renzi non si rende conto che rischia di perdere la partita più importante per l’Italia, quella cioè relativa alle banche». Ad affermarlo è il professor Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie. Ieri la Commissione Ue ha pubblicato le previsioni economiche d’inverno, che innalzano il rapporto deficit/Pil dell’Italia nel 2016 al 2,5%, anziché al 2,4% come previsto dal governo. La Commissione Ue sottolinea nel rapporto che il percorso virtuoso di riduzione del deficit è stato interrotto nel 2016 a causa del carattere espansivo dell’ultima legge di stabilità. Sempre ieri il presidente della Bce, Mario Draghi, intervenendo a Francoforte ha sottolineato: “Ci sono forze nell’economia globale che cospirano per tenere bassa l’inflazione”.
Professore, come legge questa nuova frecciata della Commissione Ue alle richieste di flessibilità dell’Italia?
Il giudizio di Bruxelles è il risultato dei fatti. Il deficit italiano è superiore a quello che lo stesso Renzi aveva calcolato, sia pure di poco, e comunque oramai è talmente elevato che l’avanzo primario è ridotto all’osso. Ciò scoraggia gli operatori economici che vorrebbero investire in Italia, perché non si sa che cosa farà il governo per fronteggiare il problema. In conseguenza di questo rischio, i fondi sovrani pensano di ritirare i soldi dalla Borsa italiana. Ciò si ripercuote anche sulla crisi delle banche.
In che modo?
La tensione che si crea se Renzi non segue la linea di Bruxelles sul debito determinerà un atteggiamento estremamente rigido sugli interventi di aiuto bancario. In questo momento è in atto il negoziato sul Credit default swaps (Cds), che sono titoli cartolarizzati che riguardano rischi di solvibilità. Quello relativo alla clausola sulla natura degli aiuti di Stato nei confronti dei titoli in sofferenza venduti dalle banche deve essere un negoziato flessibile.
Fa bene il nostro governo a insistere per avere più flessibilità rispetto al deficit?
Se noi tenessimo un comportamento ragionevole sul deficit, la Commissione Ue potrebbe fare altrettanto per quanto riguarda le banche. Bruxelles sa bene che risolvere il problema dei crediti deteriorati è utile a tutti, in quanto anche le banche di altri Paesi sono a rischio contagio. Tra l’altro le banche italiane sono più solide della media, con l’eccezione di alcune “pecore nere” tra cui Monte dei Paschi.
Che cosa rischia l’Italia?
Il rischio però è che le tensioni che Renzi sta creando sulla flessibilità di bilancio si ripercuotano negativamente sulla questione più importante per il nostro Paese, quella cioè relativa alle banche. I giudizi della Commissione Ue devono essere visti quindi soprattutto in quest’ottica. È pur vero che il maggiore deficit sostiene la domanda interna, ma se questo deficit fosse stato destinato a investimenti il giudizio internazionale non sarebbe negativo. Gli stessi italiani si ritrovano con un deficit di bilancio in cambio del quale non hanno ottenuto nulla.
Per Draghi ci sono forze che cospirano a tenere bassa l’inflazione. Come valuta questa affermazione?
L’opinione più diffusa è che i Paesi produttori di petrolio abbiano deciso di aumentarne la quantità e di abbassarne i prezzi per creare un problema ai produttori americani di shale oil e shale gas. In questo modo si cerca di togliere dal mercato nuovi operatori. In parte però questa mossa nasce anche dalla disperazione, perché ciascuno vende più petrolio per incassare di più anche a costo di abbassarne il prezzo. I ribassisti in Borsa prevedendo questo giocano appunto sul ribasso, e questo fa sì che sia più facile operare in ribasso anziché in rialzo in un periodo di mercato debole.
Che cosa c’entra questo con le dichiarazioni di Draghi?
Draghi invece introduce uno scenario diverso, in base a cui i Paesi produttori di petrolio vogliono indebolire l’economia europea. A questi Paesi la riduzione dell’inflazione non fa male, perché non hanno un problema di deflazione. L’idea di Draghi è quindi che dietro l’abbassamento dell’inflazione ci sarebbe una strategia dell’Arabia Saudita, e di altri, con lo scopo di punire e indebolire l’Europa.
(Pietro Vernizzi)