La caduta a picco dei corsi azionari nel mondo è impressionante e costituisce una fonte di pericolo sistemico perché genera incertezza che poi riduce la propensione a investire e a consumare, così amplificando il rallentamento della crescita economica. Alcuni si chiedono perfino se il crollo si fermerà, la maggior parte inquieta perché non vede quale forza motrice possa dare una direzione rialzista ai mercati.



Semplificando, l’incertezza è il motivo per cui il mercato finanziario sta riallineando i valori azionari a una crescita reale minore del previsto con un eccesso di pessimismo. Il punto: basterebbe un segnale positivo per far vedere al mercato che ha svalutato troppo i valori, riportandolo verso un calcolo più realistico. Quale segnale?



Il più importante riguarda la stabilizzazione del cambio tra dollaro, euro e yen. Al momento le rispettive Banche centrali puntano alla svalutazione, o non rivalutazione nel caso del dollaro, delle loro monete per contrastare il rallentamento della crescita interna via più esportazioni, creando caos tecnico (volatilità) e incertezza prospettica. Altrettanto importante sarebbe quello che indica un limite alla contrazione dell’economia cinese che, riducendo il suo contributo alla domanda globale di materie prime, deprime la crescita mondiale. Un altro segnale rilevante riguarda il limite alla caduta del prezzo del petrolio forzata dall’Arabia Saudita per gettare fuori mercato i concorrenti, anche geopolitici, con l’intento di creare una futura scarsità che le permetterebbe di riprendere il dominio del settore. In questo quadro, poi, è anche rilevante la riparazione del sistema bancario dell’Eurozona, il cui ritardo sta penalizzando in particolare la Borsa italiana.



Da un lato, è improbabile che nel breve termine arrivino segnali netti con effetto stabilizzante. Dall’altro, il mondo non sta crollando. Le Banche centrali dovranno arrivare a un qualche compromesso. La strategia saudita sta dimostrandosi suicida e sarà attutita sia da problemi interni, sia dalla controreazione di tante nazioni che non vogliono portare a picco il prezzo del petrolio e distruggere l’industria di settore con conseguenze di destabilizzanti insolvenze finanziarie a catena.

Quindi ritengo che pur in assenza di segnali forti il mercato sconterà un limite alla crisi e che, raggiunta una svalutazione dei corsi azionari attorno al 20% (ci siamo quasi) in relazione all’anno precedente, poi riprenderà a scommettere su un rialzo spinto da un rimbalzo, pur lento, dell’economia globale. Pertanto: freddezza e niente panico.

 

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