«È in atto un rallentamento strutturale dell’economia globale a causa dell’invecchiamento demografico che determina una maggiore propensione al risparmio e della vendita dei prodotti online che riduce i posti di lavoro nel commercio». È l’analisi di Mario Deaglio, professore di Economia internazionale all’Università degli Studi di Torino. Ieri la Borsa di Milano, dopo un’apertura in rialzo, ha cominciato a perdere dopo meno di due ore, scendendo sotto quota 17mila punti per la prima volta dal settembre 2013 e chiudendo a -4,69%. Tante le sospensioni al ribasso, specie per i titoli bancari. In forte aumento lo spread tra Btp e Bund, che ha sfiorato i 150 punti base.



Professore, perché le Borse continuano a scendere?

Prima di capire perché le Borse continuino a scendere bisogna averne chiara la dinamica tecnica. Le Borse concentrano sempre di più le operazioni in apertura e in chiusura, utilizzando dei programmi computerizzati per contrattare. I computer a inizio seduta comprano e alla fine vendono. Ci sono sedute quasi vuote dove bastano pochi spostamenti di quantitativi per modificare di molto la quotazione.



Quindi in parte i cali sono influenzati da fattori tecnici?

Sì, questi aspetti tecnici stanno influenzando molto le Borse, specialmente le più avanzate. Su Piazza Affari si aggiunge la situazione di debolezza delle nostre banche che finiscono nel mirino della speculazione. Sul listino italiano inoltre le banche pesano di più rispetto ad altri Paesi, e quindi sulla Borsa di Milano c’è un effetto accentuato.

Siamo alla vigilia di una nuova recessione mondiale?

Se sia una recessione non lo so, ma sicuramente è un rallentamento strutturale. I motivi li ha detti in parte Draghi l’altro giorno. Molti quotidiani hanno tradotto erroneamente le sue parole con il termine “complotto”, mentre lui intendeva fare riferimento al “concorso di varie cause” che in inglese si dice “conspire”.



Quali sono le cause cui faceva riferimento Draghi?

Tra i fattori di cui parlava Draghi c’è quello demografico, nel senso che è in atto un invecchiamento globale. Le persone anziane consumano relativamente meno in proporzione al reddito e tende quindi a formarsi un eccesso di risparmio. L’utilizzo dei dispositivi elettronici per gli acquisti riduce inoltre le attività di intermediazione e quindi i posti di lavoro. Il settore del commercio fatica quindi sempre di più a mantenere a galla l’economia. Questi due fattori ci portano a dei rallentamenti dai quali non sappiamo bene come uscire.

Come valuta il modo in cui si stanno muovendo le banche centrali per rispondere alla situazione attuale?

Le banche centrali si stanno muovendo nell’unica direzione in cui possono farlo disponendo di strumenti almeno parzialmente inadeguati. La politica monetaria è come una corda che si può tirare ma non spingere. Cercare di rilanciare l’economia con una politica di Quantitative easing produce dei risultati quantomeno dubbi. La Fed ha ripulito i bilanci delle banche Usa, scongiurando il fallimento del sistema, ma non riesce a farlo correre.

 

Intanto lo spread ha superato quota 130. Secondo lei perché?

Le prese di posizione di Renzi sull’Europa sono state in buona parte giustificabili, in quanto sono state messe in evidenza alcune debolezze dell’Ue. D’altra parte tutto ciò sta avvenendo senza essere parte di un progetto concertato comune con altri Paesi. La percezione che in parte si ha all’estero è quella di una “furbizia” italiana per evitare di stare ai patti.

 

È una percezione che corrisponde alla realtà?

Probabilmente le cose non stanno così, e tutto questo dibattito sulla flessibilità è superfluo perché ciò che è stato chiesto da Renzi restava nel perimetro di ciò che si poteva chiedere. L’impressione che ne è emersa è però quella di un’Italia nervosa, la cui crescita non riesce a tornare ai livelli degli altri Paesi. Abbiamo svoltato e siamo con il segno più, ma i risultati degli altri Paesi sono migliori.

 

(Pietro Vernizzi)