«Con la crescita del Pil al +0,1% rischiamo una nuova manovra e quindi altre tasse o tagli di spesa. Prima delle scadenze elettorali o referendarie, il governo Renzi potrebbe varare una patrimoniale sugli immobili o sui conti correnti». È la previsione di Antonio Maria Rinaldi, professore di Economia politica all’Università Gabriele D’Annunzio di Pescara e alla Link Campus University di Roma. Mercoledì scorso l’Istat ha pubblicato la nota mensile in base a cui nel primo trimestre 2016 il Pil crescerà dello 0,1%, mentre la variazione attesa per l’intero anno è del +0,4%.
Come si può uscire dal pantano di fronte a una crescita così lenta?
Basterebbe modificare il modello economico preso a supporto della moneta unica. Quest’ultimo prevede sostanzialmente la stabilità dei prezzi, cioè il contenimento dell’inflazione e il rigore dei conti pubblici fino al perseguimento del pareggio di bilancio come presupposto per la crescita.
È possibile modificare questo modello?
No, perché sia i trattati che i regolamenti europei a supporto della moneta unica sono stati plasmati a partire da questo tipo di modello economico. L’economia classica ha individuato da tempo i motivi per i quali in Italia e in Europa la crescita è praticamente impossibile con queste regole. Ma sappiamo altresì che modificarle non è possibile a meno di smantellare completamente l’intera costruzione monetaria dell’euro, a iniziare dallo statuto e dai regolamenti della Bce.
Lei come legge il dato Istat sul +0,1%?
È un miracolo che l’Istat dica che c’è una crescita dello 0,1%. Dal 2008 però abbiamo perso oltre il 10% del Pil, mentre la crescita di cui stiamo parlando è nell’ordine di pochi decimali di punto. Gli stessi interventi della Bce sono orientati a stimoli monetari esclusivamente di riporto, cioè solo per eludere temporaneamente il suo stesso regolamento. L’Eurotower per esempio non prevede l’acquisto dei titoli di Stato direttamente in asta, ma semplicemente di comprare sul mercato secondario con i noti escamotage previsti a suo tempo sia dalle aste Ltro che dal Quantitative easing.
Il governo ha già sparato le sue cartucce con l’abolizione della Tasi. Che cosa può fare a questo punto?
Può fare poco. Altri Paesi come Francia e Spagna hanno una forza politica e quindi contrattuale nella Commissione Ue, e questo consente loro di sforare tranquillamente i vari deficit a proprio uso e consumo. L’Italia invece ben si guarda dal non rispettare i “compitini” a casa assegnati dalla Commissione Ue. Possiamo discutere se il nostro rapporto deficit/Pil debba essere del 2,4% o del 2,6%, ma la Francia è ben oltre il 4,5%, per non parlare di Spagna e Portogallo. Al nostro Paese manca quindi la capacità politica per replicare alle richieste da parte della Commissione Ue.
Il Pil così basso può sballare i conti pubblici dell’Italia?
Certo, li può sballare enormemente. Ciò comporterebbe una manovra correttiva, cioè ulteriore tassazione oppure ulteriori tagli alla spesa. Non dimentichiamo che il Pil italiano ha già beneficiato del regolamento Esa 2010 che prevede anche un peso ponderale nel Pil di una porzione superiore riferita alle attività illecite come contrabbando, prostituzione e traffico di stupefacenti. Già abbiamo avuto questo “regalino” che giustamente altri Paesi dell’Ue si sono rifiutati di considerare nei propri calcoli.
Quali tasse saranno aumentate?
Prima delle scadenze elettorali o referendarie, il governo Renzi si potrebbe preparare a una patrimoniale sugli immobili o sui conti correnti. Tanto è saltata la fiducia che gli italiani avevano nelle banche, e quindi si andrà a pescare anche lì.
(Pietro Vernizzi)