«Per abbattere il rapporto debito/Pil, la spesa pubblica non va ridotta ma aumentata. Servono maggiori investimenti pubblici e dirigenti delle stazioni appaltanti pagati meglio, così da avere persone di qualità in grado di tagliare gli sprechi». Lo sottolinea Gustavo Piga, professore di Economia politica all’Università Tor Vergata di Roma. Martedì la Banca d’Italia ha reso noto che a gennaio il debito pubblico è aumentato di 21,6 miliardi di euro, raggiungendo quota 2.191,5 miliardi. In attesa di conoscere l’andamento del Pil italiano di gennaio, l’Istat ha reso noto che a febbraio si è registrata un’inflazione del -0,3%. Il 10 marzo la Bce aveva rivisto le previsioni sull’inflazione nel corso del 2016 dal +1% al +0,1%.



Questi dati come influiranno sui conti pubblici del governo?

La deflazione produce un effetto negativo sui debitori. Poniamo che io abbia un debito di 10 euro. Un conto è se l’euro vale sempre meno a causa dell’inflazione, un altro è se vale sempre di più a causa della deflazione: nel primo caso il debitore ci guadagna, nel secondo ci perde. Questa logica vale anche per lo Stato italiano.



In che modo?

Con la deflazione il tasso d’interesse reale che lo Stato deve pagare sui suoi debiti aumenta, e quindi è maggiore la spesa per interessi. È vero che la Bce, per fare fronte a questa deflazione, ha abbassato i suoi tassi nominali. È però una rincorsa che la banca centrale fatica a controllare, anche perché lo strumento dell’abbassamento dei tassi non potrà essere utilizzato ulteriormente. La Bce si può inventare al limite di dare dei premi a chi presta, ma sta di fatto che il governo italiano pagherà una spesa per interessi più cara a causa della deflazione.

La Commissione Ue nei mesi scorsi ha continuato a invitare l’Italia ad abbassare il debito. Ora che la situazione peggiora che cosa accadrà?



Se a Bruxelles ci fossero dei politici intelligenti, direbbero: “Questa è una situazione eccezionale, non penalizziamo l’Italia perché il suo rapporto debito/Pil è aumentato a causa della deflazione”. Ma in un mondo di burocrati che non guardano alle ragioni che stanno dietro alle variabili, l’Ue prenderà semplicemente atto che l’Italia ha aumentato il suo rapporto debito/Pil. Peccato che le responsabilità non siano tutte dell’Italia.

E di chi sarebbero?

Anche la Bce ha le sue colpe per questo disastro. La banca centrale ha come obiettivo un’inflazione del 2%, ma ha annunciato che siamo allo 0%. Negli Stati Uniti sarebbero stati tutti licenziati. Ma noi sappiamo quanto deve faticare Draghi nel convincere ogni volta le sue controparti nord-europee.

In fondo anche i margini di azione della Bce non sono a loro volta limitati?

La Bce deve essere messa nelle condizioni di fare il suo mestiere, e questo comporta anche un aiuto alla politica monetaria attraverso maggiori investimenti pubblici. Abbiamo visto che la Bce non riesce a stimolare la domanda privata, e quindi abbiamo bisogno di maggiori investimenti pubblici. Il paradosso è che aumentando la spesa pubblica diminuirebbe il rapporto debito/Pil, perché l’impatto sul Pil reale e sui prezzi sarebbe positivo. Il bilancio pubblico diventerebbe dunque “magicamente” più virtuoso.

Il governo è stretto tra le scadenze elettorali e l’Ue che chiede di tagliare il debito. Lei al posto di Renzi che cosa farebbe?

Aumenterei la spesa per tagliare gli sprechi.

 

Ma non è una contraddizione?

No. Prendiamo due dipendenti pubblici, entrambi pagati la stessa cifra, anche se uno è virtuoso e l’altro no. In termini contabili il Pil aumenta allo stesso modo. Nella realtà la soddisfazione dei cittadini dipende dalla quantità dei servizi che produce ciascun dipendente. Se quindi ai dipendenti bravi si desse uno stipendio alto e quelli negligenti fossero licenziati, il Pil contabile rifletterebbe la realtà. Il governo dovrebbe quindi tagliare quella componente della spesa che rappresenta un danno per il Paese.

 

Il governo ha detto di avere già tagliato la spesa…

Renzi non dovrebbe continuare a raccontarci che ha ridotto la spesa di 25 miliardi di euro, perché sappiamo bene che non è vero in quanto i numeri sono lì a dircelo. Sappiamo bene che non c’è nessuna macchina messa in piedi per controllare la qualità della spesa.

 

In quest’ottica, lei come valuta la scelta di affidare a Cantone l’autorità nazionale anticorruzione?

È una scelta positiva, ma poi non sono state date risorse né al commissario, né alla macchina amministrativa per assumere figure di qualità. Finché nel mondo degli appalti non avremo persone di qualità, non potremo generare la spending review. Ma per avere persone di qualità ci vogliono soldi, altrimenti vanno a lavorare all’estero. La stessa cosa vale per i dirigenti delle stazioni appaltanti: bisogna pagarli cifre elevate perché generano risparmi ancora più elevati. È questo ciò che dovrebbe fare Renzi, anziché parlare sempre male della Pubblica amministrazione e fare di tutta l’erba un fascio. I fannulloni sono un 10%, ma il 90% dei dipendenti pubblici attende con ansia di essere valorizzato.

 

(Pietro Vernizzi)